A gennaio feci un pezzo sul differenziale inflazionistico Cina-Usa-Europa, sostenendo che la bassa inflazione cinese, e i prezzi alla produzione minori rispetto ai concorrenti – grazie all’accumulo, durante la pandemia, di materie prime allora con prezzo basso – avrebbe dato una chance forte al paese asiatico nel mercato mondiale.
Poi è intervenuto il lockdown delle metropoli cinesi, finito in questi giorni, ma per prepararsi alla seconda parte dell’anno lì hanno varato misure fiscali per le Pmi dell’ordine di 400 miliardi.
Ora però nessuno sta considerando che l’inflazione nell’eurozona, in diversi paesi del Nord Europa è notevolmente più alta che in Italia. Ciò porterà – a meno che il paese leader la Germania voglia innescare una “guerra del debito” – il sistema produttivo italiano, dopo decenni, ad erodere quote di mercato nell’eurozona.
Ma non solo: anche negli Usa, dove l’inflazione è pari all’8,9%, il sistema produttivo italiano si sta avvantaggiando. Certo, rispetto al resto del mondo la situazione si complica, ma la gran parte delle esportazioni italiane sono indirizzate nel blocco dell’eurozona e nel blocco nordamericano.
Chiaro segno di questo la rilevazione ieri dell’Istat, che ha portato il Pil del primo trimestre ad aumentare dello 0,1%; dunque la recessione si allontana nonostante la guerra.
La ferocia con cui la classe dominante si arrocca nel blocco salariale italiano serve loro, come competitività di prezzo, a conquistare i mercati di questi due blocchi.
I segni che si intravedono nel Nord Europa sono di crescita salariale, per cui – pensa il padronato – il differenziale inflazionistico italiano con l’eurozona si amplierà.
Ciò porterà ad aumentare timidamente nei prossimi mesi il surplus delle partite correnti, o perlomeno a non riportarlo in territorio negativo. La stessa posizione finanziaria netta estera verrebbe difesa. Ecco lo “scudo” di Visco.
Il tasso di profitto delle imprese industriali si posizionerebbe a livelli medio-alti, magari inferiore agli scorsi anni ma pur sempre positivo.
È grazie alla classe operaia che succederà questo, per la quale si pensa nuovamente a bonus e sostegni fiscali minimi, per difendere la pace sociale.
Ma “la ciccia”, la gran parte della ciccia, se la prenderanno, attraverso il differenziale inflazionistico, gli industriali. Così da 42 anni.
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