I leader religiosi più radicali non perdonano l'appoggio decisivo fornito dal movimento sciita libanese alle forze di Assad nella riconquista di Qusayr
di Michele Giorgio
Se sul piano militare la riconquista di Qusayr, il 5 giugno, da
parte delle forze governative siriane è oggetto di diverse interpretazioni e previsioni, su quello settario-religioso la battaglia
più importante combattuta da ribelli e lealisti rischia di riaccendere in modo violento lo scontro tra musulmani sunniti e sciiti.
La diffidenza (a dir poco) con la quale i capi di stato e di governo e i
leader religiosi sunniti in Medio Oriente hanno guardato all'ascesa
della cosiddetta «Mezzaluna sciita» - cominciata con la rivoluzione
khomeinista in Iran - si è trasformata in un misto di rabbia e panico
negli ultimi anni segnati dalla crescente influenza politica e militare
di Tehran.
Senza dimenticare l'ascesa al potere in Iraq della
maggioranza sciita dopo l'invasione anglo-americana e la caduta di
Saddam Hussein e lo status di «potenza» regionale ottenuto dell'ala
militare del movimento sciita libanese Hezbollah.
Non che
in questi anni sunniti e sciiti non si siano affrontati in armi o nelle
piazze (in Pakistan le stragi sono quotidiane ma nessuno ne parla). Conflitti a bassa intensità si sono svolti e ancora si svolgono in
Yemen, tra governativi sunniti appoggiati dai sauditi e i ribelli
houthisti. In Bahrain le proteste popolari per diritti e democrazia sono
liquidate dalla monarchia sunnita al potere come «manovre sciite
iraniane contro la stabilità del Golfo». Nell'Est dell'Arabia Saudita
polizia ed esercito usano il pugno di ferro contro le ricorrenti
proteste sciite.
L'elenco è lungo e alla sua testa c'è il
massacro tra sunniti e sciiti andato avanti per anni in Iraq e che negli
ultimi mesi è ripreso, anche in conseguenza della crisi siriana.
Tuttavia la "novità" che rischia di scatenare una devastante escalation è la partecipazione di Hezbollah alla
guerra civile siriana a sostegno dell'Esercito governativo. I giornali
arabi ne scrivono da giorni: la capacità bellica dei (molto motivati)
guerriglieri delle unità di élite di Hezbollah è stata determinante a
Qusayr. Proprio questo aiuto decisivo di Hezbollah - che a quanto pare
continuerà anche a Homs, Hama e Aleppo - ha provocato una crisi di nervi
ai leader religiosi sunniti che più di altri covano sentimenti
anti-sciiti. Questo perché, come nei secoli scorsi così oggi, i sunniti
più radicali non riconoscono come musulmani gli sciiti e ancor meno gli
alawiti al potere in Siria attraverso Assad e il suo entourage.
«È il momento per il jihad», ha tuonato l'altro giorno davanti alle telecamere di una televisione saudita l'influente sceicco Mohammed el-Zoghbi,
invitando i giovani di Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, Kuwait,
Giordania, Yemen a combattere in Siria. «Dobbiamo andare tutti a
liberare la Siria da questo regime infedele, con i suoi sciiti
provenienti da Iran, sud del Libano (Hezbollah) e Iraq», ha detto.
Prima di lui il predicatore egiziano Yousef Qaradawi aveva
rabbiosamente denunciato Hezbollah. «E' il partito di Satana - ha detto -
alleato dell'Iran che intende fare strage di musulmani... Come possono
100 milioni di sciiti sconfiggere 1,7 miliardi di sunniti? - ha chiesto
- ciò avviene perché i musulmani (sunniti) sono deboli». Giovedì
Abdulaziz al Sheikh, ritenuto il religioso saudita più importante, ha
lanciato accuse durissime a Hezbollah. Il giorno prima i ministri degli
esteri delle petromonarchie del Golfo avevano promesso l'adozione di
misure, anche economiche, contro il movimento guerrigliero libanese.
Da giorni le televisioni salafite trasmettono velenosi sermoni antisciiti e chiamano alla guerra santa.
In Siria già combattono migliaia di jihadisti stranieri provenienti da
vari Paesi islamici, dalla Tunisia alla Somalia, spesso sotto le
bandiere del Fronte al Nusra, alleato di al Qaeda. Ma i leader sunniti
chiedono di più, chiedono di ripetere simbolicamente la battaglia di
Karbala del 680 d.c.che, con l'uccisione di Hussein, il figlio del
califfo Ali sostenuto da quelli che saranno poi noti come sciiti, segna
l'inizio del dominio sunnita sull'Islam.
Chi rischia di più è il
Libano - già teatro di una guerra civile lunga 15 anni - dove le
tensioni tra sunniti e sciiti vanno avanti da anni. Tripoli, il nord-est
del paese e la Valle della Bekaa di fatto sono già parte del conflitto
siriano. E tra poco potrebbe toccare a Beirut. Nei giorni scorsi alla
periferia meridionale della capitale libanese, la roccaforte di
Hezbollah, migliaia di persone hanno festeggiato la vittoria di Qusayr
con caroselli d'auto e con la distribuzione di dolci ai passanti.
Nemmeno a Damasco si sono viste scene del genere. La rabbia dei sunniti
libanesi perciò è salita alle stelle.
Parlando a Tripoli, uno dei fondatori del partito salafita in Libano, Sheik Islam al-Shahal,
ha detto che «è ora di combattere». «L'occupazione iraniana del Libano
deve finire - ha urlato - ogni famiglia sunnita e ogni giovane sunnita
deve difendere la sua fede, la sua casa e il suo onore». Sui social
networ da giorni è in corso la battaglia delle parole e delle minacce.
Un giovane sunnita ha mostrato in strada un poster con una scritta molto
eloquente in riferimento ai festeggiamenti sciiti a sud Beirut: «Oggi distribuiscono dolci, poi prepareranno il caffè amaro» (del lutto). La vendetta non tarderà ad arrivare e le forze di sicurezza libanesi sono in stato di allerta per evitare il peggio.
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