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12/06/2013

Furia sunnita contro Hezbollah

I leader religiosi più radicali non perdonano l'appoggio decisivo fornito dal movimento sciita libanese alle forze di Assad nella riconquista di Qusayr

di Michele Giorgio

Se sul piano militare la riconquista di Qusayr, il 5 giugno, da parte delle forze governative siriane è oggetto di diverse interpretazioni e previsioni, su quello settario-religioso la battaglia più importante combattuta da ribelli e lealisti rischia di riaccendere in modo violento lo scontro tra musulmani sunniti e sciiti. La diffidenza (a dir poco) con la quale i capi di stato e di governo e i leader religiosi sunniti in Medio Oriente hanno guardato all'ascesa della cosiddetta «Mezzaluna sciita» - cominciata con la rivoluzione khomeinista in Iran - si è trasformata in un misto di rabbia e panico negli ultimi anni segnati dalla crescente influenza politica e militare di Tehran.

Senza dimenticare l'ascesa al potere in Iraq della maggioranza sciita dopo l'invasione anglo-americana e la caduta di Saddam Hussein e lo status di «potenza» regionale ottenuto dell'ala militare del movimento sciita libanese Hezbollah.

Non che in questi anni sunniti e sciiti non si siano affrontati in armi o nelle piazze (in Pakistan le stragi sono quotidiane ma nessuno ne parla). Conflitti a bassa intensità si sono svolti e ancora si svolgono in Yemen, tra governativi sunniti appoggiati dai sauditi e i ribelli houthisti. In Bahrain le proteste popolari per diritti e democrazia sono liquidate dalla monarchia sunnita al potere come «manovre sciite iraniane contro la stabilità del Golfo». Nell'Est dell'Arabia Saudita polizia ed esercito usano il pugno di ferro contro le ricorrenti proteste sciite.

L'elenco è lungo e alla sua testa c'è il massacro tra sunniti e sciiti andato avanti per anni in Iraq e che negli ultimi mesi è ripreso, anche in conseguenza della crisi siriana.

Tuttavia la "novità" che rischia di scatenare una devastante escalation è la partecipazione di Hezbollah alla guerra civile siriana a sostegno dell'Esercito governativo. I giornali arabi ne scrivono da giorni: la capacità bellica dei (molto motivati) guerriglieri delle unità di élite di Hezbollah è stata determinante a Qusayr. Proprio questo aiuto decisivo di Hezbollah - che a quanto pare continuerà anche a Homs, Hama e Aleppo - ha provocato una crisi di nervi ai leader religiosi sunniti che più di altri covano sentimenti anti-sciiti. Questo perché, come nei secoli scorsi così oggi, i sunniti più radicali non riconoscono come musulmani gli sciiti e ancor meno gli alawiti al potere in Siria attraverso Assad e il suo entourage.

«È il momento per il jihad», ha tuonato l'altro giorno davanti alle telecamere di una televisione saudita l'influente sceicco Mohammed el-Zoghbi, invitando i giovani di Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, Kuwait, Giordania, Yemen a combattere in Siria. «Dobbiamo andare tutti a liberare la Siria da questo regime infedele, con i suoi sciiti provenienti da Iran, sud del Libano (Hezbollah) e Iraq», ha detto. Prima di lui il predicatore egiziano Yousef Qaradawi aveva rabbiosamente denunciato Hezbollah. «E' il partito di Satana - ha detto - alleato dell'Iran che intende fare strage di musulmani... Come possono 100 milioni di sciiti sconfiggere 1,7 miliardi di sunniti? - ha chiesto - ciò avviene perché i musulmani (sunniti) sono deboli». Giovedì Abdulaziz al Sheikh, ritenuto il religioso saudita più importante, ha lanciato accuse durissime a Hezbollah. Il giorno prima i ministri degli esteri delle petromonarchie del Golfo avevano promesso l'adozione di misure, anche economiche, contro il movimento guerrigliero libanese.

Da giorni le televisioni salafite trasmettono velenosi sermoni antisciiti e chiamano alla guerra santa. In Siria già combattono migliaia di jihadisti stranieri provenienti da vari Paesi islamici, dalla Tunisia alla Somalia, spesso sotto le bandiere del Fronte al Nusra, alleato di al Qaeda. Ma i leader sunniti chiedono di più, chiedono di ripetere simbolicamente la battaglia di Karbala del 680 d.c.che, con l'uccisione di Hussein, il figlio del califfo Ali sostenuto da quelli che saranno poi noti come sciiti, segna l'inizio del dominio sunnita sull'Islam.

Chi rischia di più è il Libano - già teatro di una guerra civile lunga 15 anni - dove le tensioni tra sunniti e sciiti vanno avanti da anni. Tripoli, il nord-est del paese e la Valle della Bekaa di fatto sono già parte del conflitto siriano. E tra poco potrebbe toccare a Beirut. Nei giorni scorsi alla periferia meridionale della capitale libanese, la roccaforte di Hezbollah, migliaia di persone hanno festeggiato la vittoria di Qusayr con caroselli d'auto e con la distribuzione di dolci ai passanti. Nemmeno a Damasco si sono viste scene del genere. La rabbia dei sunniti libanesi perciò è salita alle stelle.

Parlando a Tripoli, uno dei fondatori del partito salafita in Libano, Sheik Islam al-Shahal, ha detto che «è ora di combattere». «L'occupazione iraniana del Libano deve finire - ha urlato - ogni famiglia sunnita e ogni giovane sunnita deve difendere la sua fede, la sua casa e il suo onore». Sui social networ da giorni è in corso la battaglia delle parole e delle minacce. Un giovane sunnita ha mostrato in strada un poster con una scritta molto eloquente in riferimento ai festeggiamenti sciiti a sud Beirut: «Oggi distribuiscono dolci, poi prepareranno il caffè amaro» (del lutto). La vendetta non tarderà ad arrivare e le forze di sicurezza libanesi sono in stato di allerta per evitare il peggio.

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