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13/10/2019

Cina-Usa, un’intesa per comprare tempo

La spia che si stava giungendo, venerdì, ad un parziale accordo Usa-Cina è stato il Dax di Francoforte, da un anno e mezzo oscillante in base alle trattative tra i due colossi. Il Dax, complice pure le notizie che venivano da Londra, è salito del 2,86%.

Ma la certezza dell’accordo l’ha data Wall Street, con l’indice bancario salito di non poco. Questo è uno dei termini dell’accordo: la Cina apre il proprio sistema finanziario alle istituzioni americane.

Non che fin qui sia stata ferma. Con la Foreign Investiment Law del marzo scorso, ha dato la possibilità alle imprese finanziarie estere di detenere la maggioranza assoluta delle joint venture, autorizzando per primi Deutsche Bank, Bnp Paribas e JpMorgan. Ora le autorizzazioni si estenderanno alle altre istituzioni finanziarie americane.

La Cina, che diminuisce l’acquisto di TBond Usa, favorisce un flusso finanziario cinese verso Wall Street, parziale ma sicuro, tale da portare nei mesi prossimi sui massimi l’indice e permettendo di pagare le pensioni americane e dunque i consumi.

Si garantisce un mercato non più con l’operazione trentennale di acquisto di debito americano, ma entrando nel sistema dell’equity Usa, attualmente il migliore al mondo assieme a Londra.

Come avevamo anticipato mesi fa, New York e Londra divengono hub del risparmio cinese; il primo nell’equity, il secondo negli investimenti materiali in tutto il mondo, specialità londinese.

Accanto a ciò c’è il fortissimo aumento di acquisti di prodotti agricoli, che arriveranno ora alla cifra di 50 miliardi di dollari, permettendo agli agricoltori del MidWest – storici elettori repubblicani e fedeli a Trump – di avere un sicuro sbocco di mercato.

Con questa mossa pare che i cinesi preferiscano come interlocutore americano Trump e non i democratici (favorevoli addirittura ad un intervento a Hong Kong), e di fatto lo favoriscono nella sua imminente campagna elettorale. Prendono tempo e si aprono spazi mercantili per la propria strategia basata su One Belt One Road.

In una parola, respirano, in attesa di tempi migliori, concedendo agli americani anche la difesa della proprietà intellettuale (i siti occidentali non dicono questo, ma stanotte l’agenzia ufficiale cinese Xinhua batteva la notizia che il tema faceva parte dell’accordo).

Certo, c’è la peste suina in Cina, avrebbero in ogni caso importato molti prodotti agricoli, ma sta di fatto che hanno preferito gli americani in luogo di brasiliani o argentini. Un accordo parziale, in attesa di un quadro generale più definito che solo Xi e Trump possono favorire.

In ultimo, c’è l’intesa sulle valute. Alla Cina interessa uno yuan forte che permetta l’ondata di investimenti esteri in ogni parte del mondo e la difesa dalla fuga di capitali. Lo rispetteranno, perché a loro congeniale nei prossimi anni.

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