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13/11/2020

Dall’Ocse e Bce “bollettini di guerra”, ed anche un po’ a casaccio

Dai dati diffusi ieri dall’Ocse, emerge che nel secondo trimestre del 2020 – quello della prima ondata della pandemia di Covid 19 – il reddito delle famiglie italiane è calato del 7,2%, ed è il dato peggiore di tutti i paesi del G7.

Per il reddito delle famiglie, nello stesso periodo, è andata meglio in Germania (-1,2%), Francia (-2,3%) e Gran Bretagna (-3,4%). Si tratta comunque di un calo consistente dopo quelli più moderati (all’incirca dell’-1%) registrati nel trimestre precedente cioè i primi tre mesi dell’anno. Per l’Ocse, le misure di sostegno governative a livello internazionale hanno “continuato a proteggere i redditi delle famiglie dall’impatto economico del Covid-19”.

Secondo il documento il Canada e gli Stati Uniti hanno addirittura registrato una crescita significativa del reddito familiare pro capite rispettivamente dell’11% e del 10,1% grazie alla misure eccezionali messe in campo.

Aumenti minori del reddito familiare reale pro capite sono stati osservati anche in Irlanda (3,6%), Australia (2,7%) e Finlandia (1,1%).

Ma il dato più pesante, come abbiamo visto, è quello dell’Italia dove l’andamento del reddito delle famiglie, secondo l’organismo internazionale con sede a Parigi, ha comunque tenuto meglio rispetto a quello del Pil, che nelle sette grandi economie della zona Ocse è nettamente calato nei tre mesi di aprile-maggio-giugno. Si registra infatti un -19,9 % in Gran Bretagna, -13,8 % in Francia, -12,8% in Italia, -11,7 % in Canada, -9,8 % in Germania, -9,1 % negli Usa e -7,9 % in Giappone.


Ma non è tutto, perché dalla Bce è arrivato un nuovo allarme sulla tenuta delle imprese italiane, delle quali circa il 20% potrebbe essere a rischio fallimento per via della carenza di liquidità, causata dalle misure di chiusura, e in presenza di politiche di sostegno non adeguate.

Il dato emerge da uno studio, pubblicato nel bollettino della Banca Centrale Europea, che simula la dinamica della liquidità delle imprese nel tempo. L’analisi, realizzata su imprese operanti nel settore privato di quattro paesi dell’area dell’euro: Germania, Spagna, Francia e Italia, mostra che la Spagna è il paese maggiormente colpito, con circa il 25% delle imprese a rischio.

Ovviamente la Bce sorvola sul fatto che la gestione della liquidità – e quindi dei prestiti e dei crediti alle imprese in difficoltà – è stato ancora una volta affidata alle banche private che l’hanno “socializzata” pochissimo ed hanno trattenuto gran parte dei finanziamenti pervenuti a tassi bassissimi dalla Bce piuttosto che utilizzarli per sostenere il credito alle imprese.

La Bce annuncia di essere pronta già a dicembre a “ricalibrare i suoi strumenti per rispondere all’evolvere della situazione e per assicurare che le condizioni di finanziamento restino favorevoli per sostenere la ripresa economica e contrastare l’impatto negativo della pandemia sul profilo previsto per l’inflazione”.

La Bce sta pensando ad una ricalibratura complessiva delle operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine delle banche europee e in particolare del Pepp, il Qe pandemico e dei Tltro. Ma se non si affrontano a brutto muso le banche private, anche questo auspicio rischia di rimanere lettera morta.

Inutile sottolineare che l’analisi previsionale della Bce appare quasi schizofrenica. È stato verificato che l’economia dell’Eurozona in questi mesi ha perso qualsiasi slancio e nel quarto trimestre si assisterà ad un nuovo forte ridimensionamento del Pil legato alle nuove restrizioni anti-Covid e all’indebolimento della domanda interna dei paesi dell’Eurozona.

Ma in contrasto con questa lettura, iIl bollettino della Bce evidenzia che “I dati più recenti segnalano una forte ripresa del prodotto dell’area dell’euro nel terzo trimestre del 2020, dopo la brusca contrazione dell’11,8 per cento sul periodo precedente registrata nel secondo trimestre. Tuttavia, il perdurante aumento dei tassi di contagio da coronavirus rappresenta un fattore avverso per le prospettive a breve termine e condurrà, con ogni probabilità, a un significativo ridimensionamento della crescita del prodotto nell’ultimo trimestre dell’anno, come anticipato da indagini recenti”.

Anche nell’analisi dell’economia a livello internazionale, la Bce sembra voler diffondere una visione più ottimistica anche se non può omettere la variabile e l’ipoteca rappresentata dall’andamento della pandemia di Covid 19. Secondo il bollettino “I dati più recenti sull’economia internazionale segnalano una rapida ripresa dell’attività mondiale nel terzo trimestre, pur registrando un rallentamento di tale dinamica positiva. Anche il commercio mondiale ha segnato una forte ripresa nel terzo trimestre, dopo una brusca e profonda contrazione nel secondo trimestre. L’inflazione a livello mondiale si è mantenuta bassa”. Ma “in una prospettiva di più lungo periodo la possibilità di una ripresa sostenuta continua a dipendere, in larga misura, dall’evoluzione della pandemia e dal buon esito delle politiche di contenimento”.

"La maggiore incertezza riguardo all’evoluzione della pandemia attenuerà verosimilmente il vigore della ripresa del mercato del lavoro nonché dei consumi e degli investimenti, tuttavia l’economia dell’area dell’euro dovrebbe continuare a essere sorretta dalle condizioni di finanziamento favorevoli, dall’orientamento espansivo delle politiche di bilancio e dal graduale rafforzamento dell’attività e della domanda a livello mondiale", continua il bollettino della Bce.

Inoltre nella prima metà dell’anno la pandemia e l’emergenza sanitaria hanno determinato “la più marcata contrazione mai registrata dell’occupazione e del numero totale di ore lavorate”. L’inflazione è prevista in calo sino all’inizio del 2021 e poi sostanzialmente stabile.

Il settore più colpito appare quello legato ai servizi dove, secondo il bollettino della Bce, “Nella prima metà del 2020 la pandemia di Covid-19 ha determinato la più marcata contrazione mai registrata dell’occupazione e del numero totale di ore lavorate, mentre gli effetti sul tasso di disoccupazione sono stati più limitati per effetto dei regimi di sostegno all’occupazione” si legge nel documento. “Rispetto alla contrazione del Pil in termini reali nella prima metà del 2020, l’aumento del tasso di disoccupazione ufficiale è stato relativamente limitato: dal minimo storico del 7,2 per cento toccato a marzo 2020 ha raggiunto l’8,1 per cento ad agosto, nonostante sia ancora lontano dal picco del 12,7 per cento registrato a febbraio 2013. Le misure di sostegno all’occupazione, quali i regimi di riduzione dell’orario di lavoro e i licenziamenti temporanei, nonché una diminuzione dei tassi di partecipazione, concorrono a spiegare l’impatto limitato sul tasso di disoccupazione”, aggiunge la Bce.

Insomma da Francoforte ci mandano a dire un po’ tutto e il contrario di tutto. È vero che mantenere la bussola in questa crisi è difficile per tutti, ma che i maggiori organismi del capitalismo europeo annaspino così vistosamente, è un indicatore di come i parametri di questo sistema dominante non sanno più dove e come mettere le mani, se non con una maggiore competitività e coercizione che prevede costi sociali e umani altissimi.

Praticamente ci stanno proponendo una economia di guerra

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