Accreditata da
alcuni organi di stampa italiani: La
Padania, Il Fatto quotidiano, di volontà mai espresse come quella di armare
i peshmerga (i guerriglieri della fazione kurda di Barzani) la Rete Kurdistan
Italia ha precisato che nei due mesi di crisi montante nella regione irachena,
non ha mai sostenuto un’ipotesi simile. Gli stessi attacchi spietati dei
fondamentalisti dell’Isis verso le popolazioni kurde presenti nella Rojava, in
terra di Siria, e quelli rivolti al Kurdistan iracheno vede la componente
politica filo kurda vicina alle strutture di difesa popolare (Hpg) del Partito
dei lavoratori del Kurdistan, organizzarsi in proprio e non domandare armi né
interventi militari esterni. Si chiedono invece: un sostegno umanitario nei
confronti di centinaia di migliaia di profughi e la fine degli ostracismi
rivolti a realtà popolari come l’autogoverno della Rojava e di organizzatissime
componenti politiche, qual è il Pkk, tenuto tuttora sotto scacco dai potenti
della politica internazionale: Stati Uniti e Unione Europea, inesorabili nel
bollarlo quale gruppo terrorista; a detrimento del sostegno politico-organizzativo
che esso offre al suo popolo.
L’iniziativa messa
in atto dal presidente americano Obama e quella partorita in tutta fretta dal
premier italiano Renzi, volato in Iraq a promettere una manciata d’armi (un
carico di kalashnikhov e missili sequestrati tempo addietro al faccendiere
russo Zukhov), rispondono a logiche imperial-occidentali di vecchio stampo. Gli
Usa sono i responsabili del perverso corto circuito di alleanze e guerre che,
partendo dall’appoggio al primo qaedismo, ha avuto come tappe intermedie prima
e seconda guerra del Golfo che hanno abbattuto la dittatura di Saddam portando
distruzione e morte fra gli iracheni. Quindi la destabilizzazione di una vasta area,
aprendo spazi immensi alla riscossa del sunnismo fondamentalista. Ora diventato
suo nemico e solo due anni fa foraggiato nel mattatoio siriano, sino a vederlo
crescere a dismisura e assumere forza internazionale per ampliare il progetto
del Califfato islamico. Simili giochi di potere e di guerra continuano a
passare sulla testa dei soggetti più umili, delle minoranze etniche e
religiose, e danneggiano le stesse masse islamiche, sunnita e sciita, ormai
polarizzate in uno scontro senza futuro e da un presente sanguinoso e tragico.
In questo
quadro a tinte fosche la politica mondiale rilancia false soluzioni, pensate
per le sue cariche e istituzioni, come non riesce a nascondere il premier
italiano Renzi. Pronto a dimostrare a elettori italiani e organismi europei un
attivismo cucito a misura di passi né umanitari né di spessore geopolitico che
Oltreoceano non riescono a fare. Intervenire nella polveriera irachena,
sostenendo d’usare le armi può solo incentivare i drammi delle componenti più
deboli (kurdi, yazidi, comunità cristiane) che l’esercito iracheno e
guerriglieri pashmerga hanno dimostrato di non voler né saper difendere. Il
decisionismo interventista del capo dell’Esecutivo italiano, leader per un
semestre del Governo europeo, è un atto narciso rivolto a ben figurare con chi
conta nel vecchio continente e conquistare ulteriori incarichi per il suo clan:
l’investitura ad Alto rappresentante per la politica estera, negato in prima
battuta alla Mogherini per palese mancanza di esperienza e spessore, e rincorso
con tale iniziativa. Il passo renziano, sostenuto dal Parlamento di Roma,
magari produrrà l’incarico invischiando il nostro Paese in rinnovate
disavventure come le note attività di polizia internazionale che costano denaro
alle casse dello Stato.
Oltreché vite
umane ai militari che combattono in “missioni di pace”, “danni collaterali” ai tanti
civili uccisi anche dai Tornado che decollano e a volte cadono sui nostri cieli
durante le esercitazioni. Wargame che fanno aumentare, anziché stroncare, le
simpatie dei bombardati d’Oriente per Taliban, Signori della guerra o mullah
del Jihad. Particolare che sfugge o semplicemente non interessa
all’autoreferenzialità politica occidentale.
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