Esiste una simmetria di intenti tra Di Maio che annuncia l'avvio dello smantellamento del jobs act e i padroni (ben spalleggiati dal PD) che si lamentano del decreto su lavoro e welfare varato dal Governo. Entrambi fanno propaganda.
L'unica cosa che si capisce è che il nuovo governo, sul lavoro, rischia di essere meno devastante di quelli precedenti (non ci vuole poi molto, ma non è mai scontato).
Le nuove norme sui contratti a termine e sulle somministrazioni cambiano pochissimo ma non sono regali ai padroni. La “stretta sulle delocalizzazioni” è insufficiente ma "sempre meglio di niente".
Le norme che limitano la propaganda alle agenzie di scommesse sono puro buon senso (ma i governi precedenti erano ovviamente a libro paga delle aziende coinvolte).
In realtà, ciò che emerge è che cambierà pochissimo. Chi vorrà licenziare troverà il modo per farlo. Delocalizzare continuerà a essere fatto, multe o non multe.
Per cambiare radicalmente il jobs act bisognerà abolirlo, metterne in crisi l'ideologia che lo sostiene. Schierarsi contro i padroni e a favore dei lavoratori. Per impedire le delocalizzazioni bisognerà sequestrare gli impianti e nazionalizzare. Per farlo bisogna sapere che gli interessi dei padroni e dei lavoratori sono incompatibili.
Paradossalmente il PD lo sapeva e infatti stava dalla parte dei padroni. Il nuovo governo è probabilmente convinto che si può governare garantendo gli interessi di entrambi. Per questo chiama dignità un allentamento quasi impercettibile delle catene che subordinano il lavoro al capitale. Ma la dignità è una cosa diversa: è capire che chi lavora e produce deve governare le leggi sul lavoro, togliere potere ai padroni. Tutto questo è il contrario di ciò che faceva il PD, tutto questo non potrà essere fatto da leghisti e 5 stelle.
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