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21/03/2020

L’umanità verso lo schianto


Stazione Terra, marzo 2020. In fila come soldati, con mascherine modello antigas e carrelli vuoti puntati dritti verso l’entrata. Attratti da telefonini, coviamo dati, notizie fresche, video, messaggi cifrati, condivisi in comunità virtuali, ordini e dispositivi dall’alto.

Ore 08.45, allineati in zona rossa, delimitati da filo spinato, stabiliamo un limite astratto invalicabile.

Niente sfugge all’attenzione, i contagiati aumentano, un’invasione di ultra-corpi, di replicanti invade le nostre coscienze raggrinzite, mettendo in pericolo le nostre vite, le nostre tasche, i nostri conti correnti bancari.

E noi freddi, come calcolatori matematici, siamo i boia sul patibolo, pronti a giustiziare il malcapitato di turno, in seduta stante. Colui che trasgredisce le regole “del gioco” stabilite senza ingaggio.

Regole nate per suddividere gli spazi, per diluire i tempi, per frazionare la mobilità, per gestire l’emergenza nei presidi ospedalieri, per rimettere su, in tutta fretta, i posti letto sottratti negli stessi padiglioni ospedalieri, ora decrepiti, per incasellare i morti caduti in battaglia e lasciare agonizzanti, in quarantena, i procacciatori di pane, dal fiuto quotidiano.

Mentre le linee di produzione non si fermano, non si arrestano, non indietreggiano di un solo millimetro, e gli operai, a rischio contagio, sempre al lavoro.

Tutto in apnea, l’economia rallenta, ristagna, precipita, verso lo schianto. Una dose massiccia, tagliata male, con paraffina, s’inarca nelle cavità nasali. Sniff e poi boom!

Le borse esplodono, gli sciacalli escono allo scoperto, dall’ecatombe, per il loro approvvigionamento di giornata, succhiano il sangue dei piccoli pesci, incagliati nelle reti di allevamento dei circuiti finanziari. È la dura legge di monsieur de capital: asset inflation! Sovrapproduzione e distruzione.

A fuoco le società, le istituzioni, i sistemi bancari, le filiere produttive e quel che resta degli Stati Nazione. Nessuno è rimasto a difenderci, tutti in quarantena, tutti ai domiciliari. Soccorso, sicurezza, controllo, territorio, popolazione, un coltello piantato tra l’aorta e il cervello, un tam-tam che fluisce a reti unificate e s’inietta nelle viscere della terra.

Tutti narcotizzati, non ci resta che intonare l’inno di Mameli, in attesa dei bollettini di giornata, di grafici e curve discendenti o ascendenti. E poi un urlo, un solo grido: tutto andrà bene.

Un impero dai piedi d’argilla costruito sul nulla intanto si sgretola, tenuto irto da carta straccia, da documenti che si trasformano in monumenti: regole, trattati, stabilità dei prezzi, meccanismi di austerità. E poi asfissia finanziaria, prestiti usurai, manichini, quinte colonne e supervisori chiusi in bunker sotterranei che dettano le regole europee, che disegnano indici e coefficienti grafici.

E poi splash! Fiat money, helicopter money, bombe a grappolo, bazooka monetario.

E noi ancora fermi, in attesa dell’approvvigionamento dei beni materiali. Carrelli, mascherine e telefonini: le sole armi a disposizione che di lì a poco si faranno spazio tra le maglie degli scaffali, per frugare e accaparrare ogni cosa, scorte di magazzino in sovrapproduzione.

Prima bisogna essere ligi nel passare i check point girevoli dei supermercati, tra cassieri e secondini, schierati in prima linea, come i panettieri, gli infermieri e i farmacisti, quest’ultimi tutti in piedi, dieci ore al giorno, per un misero salario.

Restiamo immobili, in attesa del nostro turno, a distanza di sicurezza l’uno dall’altro. Un sole cocente s’imbatte e ci trafigge in piena regola, senza darci tregua. Siamo in guerra, e lo siamo da sempre. Il nemico è con noi, e lì appostato, davanti, di fianco o alle spalle.

Non importa sapere dov’è, è onnicomprensivo. È invisibile ma ha un nome in codice: Sars Covid 19. Si dice nato nel mercato di Wuhan, nel disteso capoluogo della provincia di Hubei, nella Cina Centrale, polo commerciale attraversato dal Fiume Azzurro e dal fiume Han.

Si dice portato lì dall’esercito americano durante la debacle dei giochi militari del 2019, nel distretto cinese. Per combattere il giusto nemico, lo justus hostis, secondo le regole dettate dal diritto internazionale. Il virus ha attraversato il mondo da oriente a occidente, sulle rotte marittime e terrestre tracciate dalla via della seta. Ah sì!, proprio la rotta che dovrà saltare? E allora?

Bioterrorismo, bomba biologica, a basso impatto mortale, a grande impatto economico, creata per colpire le economie di alcuni paesi e frenare l’avanzata dell’impero celeste nel mediterraneo. Proprio alla vigilia del capodanno cinese, quando 500 milioni di turisti con portafogli pieni erano pronti in partenza per invadere l’Europa e comprarsi mezzo mondo, altro che bazooka monetario!

Squilla il telefonino e il guerrigliero Cica dalla trincea, che mi avverte: “Siamo alla resa dei conti!“

Un insediamento di forza militare, di spostamento di arsenale bellico, oltrepassa l’atlantico e invade il vecchio continente. Strade vuote e scafi corazzati a impossessarsi del nomos della terra. La chiamano guerra di posizionamento. La controffensiva non si è fatta attendere. Un arsenale medico proveniente da oriente ha invaso l’Italia. Il Vaticano tesse le fila, l’armistizio è all’orizzonte, non resta che debellare il virus, spodestare definitivamente i tedeschi e spartirsi i resti dell’Europa. Ti ricordi, lo scrivevamo cinque anni fa!

Faccio in tempo a rispondere: “l’orizzonte è ancora lontano“. Mentre esco dal supermercato e noto la fila umana più che raddoppiata. Un nodo mi attorciglia la gola. Fatico a deglutire. Il blocco totale imposto dal governo ha creato un disastro economico.

Prossimo appuntamento al check point militare. Sarà dura risollevarsi dalle macerie. Mentre i boia sono sempre lì sul patibolo a fare incetta di teste di trasgressori, i portaborse governativi lavorano per un post-governo di Unità Nazionale, con a capo il garante degli aguzzini, il replicante, il virus mutante, mister Mario Draghi.

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