Chiara Cruciati - il Manifesto
Nelle strade egiziane
della protesta anti-governativa appare anche Giulio. A reggere un
cartello con il suo volto è una donna: «Giustizia per Regeni, i cinque
uccisi e tutti i martiri», dice il manifesto esibito proprio di fronte
alla sede della Corte Suprema. In realtà i manifestanti non sono
riusciti a raggiungere Piazza Tahrir, a impedirglielo cordoni di polizia
impossibili da passare: poliziotti in tenuta anti-sommossa, un
centinaio di veicoli blindati a circondare la piazza, checkpoint
militari in ingresso al Cairo, gas lacrimogeni e proiettili di gomma che
hanno invaso le strade che portano alla piazza simbolo della
rivoluzione del 2011. E la fermata della metropolitana di Sadat
chiusa fin dalle prime ore del mattino, come nei giorni bui successivi
al golpe del 2013.
Le marce contro il presidente al-Sisi erano partite da due moschee,
la Mustafa Mahmoud e la al-Istiqama, per dirigersi verso Tahrir dopo la
preghiera del venerdì. Forte la concentrazione anche di fronte alla sede del sindacato della stampa,
teatro nei giorni scorsi del sit-in delle famiglie dei 42 giornalisti
egiziani tuttora in carcere. Sono stati esibiti cartelli con su scritto
“La terra è onore”, chiaro riferimento alle due isole sul Mar Rosso,
Tinar e Sanafir, cedute ai sauditi, ma soprattutto si sono sentiti
slogan urlati con forza: «La gente vuole la fine del regime», «Basta con
il potere militare», «Al-Sisi vattene». Al fitto lancio di
lacrimogeni e proiettili di gomma la folla si è dispersa in ogni
direzione, cinquanta gli arrestati tra cui una trentina di giornalisti e
fotografi. Dopotutto il Ministero degli interni aveva lanciato
giovedì tetri avvertimenti: «Non scendete in piazza o saranno prese
tutte le misure legali necessarie a garantire la sicurezza».
E con legali si intende la repressione violenta, garantita dalla
nuova legge promossa dal regime militare che non autorizza sit-in o
marce se non previa comunicazione e accettazione delle autorità.
Ovviamente si parla della sicurezza del regime, non del paese. In
strada ieri c’erano tutte le anime di opposizione, dai Fratelli
Musulmani al Movimento 6 Aprile, tra i più colpiti dalla repressione di
al-Sisi, dai movimenti giovanili ai nasseriani ai socialisti
rivoluzionari. Perché se la chiamata alla protesta è partita dalla
cessione delle due isole, in strada si è scesi per gridare la rabbia
contro il regime.
I numeri previsti sono stati disattesi, forse per paura dei
servizi di sicurezza: alla fine, secondo i media arabi, i manifestanti
erano 3-4mila. Molti di meno, qualche decina, i manifestanti
pro-governativi che hanno marciato ad Alessandria, in risposta a Piazza
Tahrir. Ma la portata della protesta di ieri è comunque molto
significativa: è la prima vera manifestazione di massa dall’elezione
dell’ex generale al-Sisi alla presidenza, dall’estate del 2014. Una
protesta che si accompagna alle sferzanti critiche che nelle ultime
settimane la stampa egiziana, pro governativa e non, hanno riservato al
Cairo.
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