“Questi andrebbero ammazzati tutti”. Questo il commento via facebook di un'operaia Piaggio alla notizia della visita di Renzi e Colaninno alla Piaggio qualche settimana fa. Qualche giorno fa sulle pagine dei giornali locali esce la notizia del licenziamento della lavoratrice Piaggio e di un provvedimento disciplinare per una sua collega, rea di aver messo “mi piace” al post incriminato. L’episodio offre l’occasione per approfondire alcuni nodi sul ruolo della comunicazione nell’era del partito della nazione.
Renzi si recò a Pontedera per il compleanno della Piaggio una settimana prima della manifestazione pisana del 29 aprile contro la sua visita al CNR. Una contestazione organizzata in fretta e furia, visto l’anticipo di poche ore con cui venne annunciata la presenza del premier, accompagnato da Roberto Colaninno, presidente Piaggio. Secondo indiscrezioni sarebbe già successo qualche mese fa che alcuni operai Piaggio sarebbero stati multati per aver scritto su Facebook frasi offensive verso i loro superiori.
Al di là della notizia di cronaca e delle vicende legali che le due lavoratrici stanno intraprendendo contro l’azienda è interessante approfondire questo episodio, non il primo né l’unico accaduto negli ultimi anni. Una tipica frase da chiacchiericcio al bar pubblicata sui social media diviene terreno di scontro. Il “controllo difensivo” che il datore di lavoro può condurre sui dipendenti è stato semplificato grazie al Jobs Act, non importa il rispetto del codice disciplinare sul posto di lavoro: il codice disciplinare è applicato all’intero tempo di vita dei lavoratori. Una mamma di Torino l’anno scorso è stata licenziata per aver scritto su Facebook un post in cui deprecava le condizioni igieniche dei pasti della mensa in cui lavorava, ed in cui suo figlio mangiava: licenziata anche lei.
L’utilizzo di queste misure disciplinanti in contesti di lavoro individualizzati, precarizzati e frammentati sia temporalmente che spazialmente è funzionale alla crescita ulteriore dell’individualismo e della subalternità. L’unico mezzo di dissenso permesso ai lavoratori è quello dello sciopero sindacale. In un momento in cui i sindacati sono l’arma più forte della pacificazione padronale evidentemente il terreno dello scontro si colloca anche ad altri livelli. Uno di questi è la comunicazione, anche quella sui social, per quanto ad alcuni faccia storcere il naso questa è la realtà dei fatti.
Ovviamente il terreno mediatico non è l’unico terreno di scontro, alla Piaggio come in altri luoghi. Lo hanno mostrato i lavoratori e le lavoratrici che da quest’inverno sono in mobilitazione con picchetti, blocchi dei cancelli e scioperi e che il 29 aprile erano in piazza contro il governo a Pisa. Sarà anche per questo che dopo il corteo, i post e le dichiarazioni di sindaci e premier PD hanno nella migliore delle ipotesi rasentato il ridicolo, o semplicemente non ci sono state.
La comunicazione e lo spazio mediale non sono terreni neutrali né tanto meno omogenei, lo mostra l’utilizzo che ne fa la controparte e quello che proviamo a concepire noi. Il silenzio della controparte dopo il corteo del 29 aprile, il silenzio dell’azienda sul caso dei licenziamenti a Pontedera mostrano la difficoltà e la paura di attraversare questo terreno non interamente governabile. L’utilizzo dei media, nel loro potenziale comunicativo, va restituito ad ambito di riflessione collettiva: come influire in questo terreno, come aprirvi delle brecce?
Sono problematiche che nella loro complessità dovremmo iniziare a porci, per non concepire il mediale come mera traduzione della realtà che vi sta al di fuori. Come mostra questa vicenda, il media e la realtà non sono due mondi separati ma interconnessi e stratificati come campi del conflitto.
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