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09/10/2018

Il “riacese modello” di Salvini è un uomo dei clan

Lo sappiamo, i “tweet di Salvini” non li scrive di sua mano il ministro dell’interno. Vista la quantità, non avrebbe tempo di fare il ministro, né di andare in tutti i talk show e anche altrove. Il merito va dunque alla “Bestia”, come viene affettuosamente definito il mega-staff della comunicazione salviniana.

Ma non risulta che sia stato ancora licenziato qualcuno per un post che sarebbe stato osceno per chiunque, ma fatto dal ministro di polizia è una confessione di vicinanza con la ‘ndrangheta che dovrebbe stroncargli la carriera.

Nella fregola di rivendicare l’arresto di Mimmo Lucano, compagno e sindaco di Riace, sulla pagina di Salvini è stato pubblicato questo post in cui si “consiglia” di leggere quanto ha da dire, contro Lucano, tal Pietro Domenico Zucco, suo concittadino.

Nulla di sconvolgente, dobbiamo dire: “Lucano sperpera le risorse per i migranti e ha abbandonato le famiglie riacesi”. Del resto, uno che – riferiscono le voci di paese – gravita nel ristretto giro locale di “Noi con Salvini”, non è che potesse usare argomenti diversi.

Se la risposta a Zucco-Salvini potesse essere solo politica, basterebbe ricordare che le “famiglie riacesi” confermano Mimmo Lucano nel ruolo di sindaco da ben tre mandati. Quindi tanto male non si trovano...

Si potrebbe anche ricordare che il suddetto Zucco-Salvini, oltre a essere gestore di un ristorante (La Scogliera) è stato anche vicesindaco del paese nelle amministrazioni di destra che hanno assistito impassibili allo spopolamento e sono state poi spazzate via da Lucano.

Ma sarebbe poco. E anche sbagliato.
Il punto fondamentale è infatti un altro: Zucco era stato arrestato a sua volta, anni fa. E non per aver celebrato un matrimonio “di convenienza”, ma con l’accusa di essere il prestanome del clan locale della ‘ndrangheta, chiamato Ruga Metastasio. A quel tempo Zucco era infatti anche titolare di una cava (a Stilo) che invece sarebbe stata di proprietà di Vincenzo Simonetti, considerato “uomo di punta del clan”.

Anche il ristorante, in effetti, non era suo, ma del boss Cosimo Leuzzi. Tanto che era stato confiscato dalla Direzione Distrettuale Antimafia e affidato alla gestione del Comune. Ossia alla giunta guidata da Mimmo.

Che un cretino qualsiasi possa postare in rete cazzate prese a caso, senza verificare le “relazioni pericolose” tra chi le dice e i clan, in fondo, è cosa di tutti i giorni. Grave, certo, ma quasi inevitabile, perché non si può pretendere da un pirla qualsiasi la professionalità del giornalista o del poliziotto.

Se questa cazzata la fa lo staff del ministro di polizia, però, la cosa cambia segno. Vuol dire che, pur di “picchiare” un avversario politico che si è inventato un modello di accoglienza studiato in tutto il mondo, il ministro di polizia è disposto ad accettare qualunque “aiuto”. Persino quello di un uomo dei clan...

Come scrivono quelli della “Bestia”, GUARDA E CONDIVIDI!!

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