Ora è legge dello Stato. Il vergognoso ricatto messo in piedi dalla
multinazionale ArcelorMittal, nei confronti del governo, con la minaccia
di abbandonare l’investimento nell'ex Ilva, qualora non fosse stata
confermata l’immunità penale per l’azienda, ha dato i suoi amari frutti.
Con l’ennesimo decreto salva Ilva lo Stato italiano
ha confermato l’extraterritorialità dello stabilimento tarantino. Il
valore, definito strategico per legge, della siderurgia a ciclo
integrale del nostro paese è tale da spingere i governi ad autorizzare e
legittimare l’emissione di veleni che quotidianamente si riversano
sulla città e che uccidono centinaia di cittadini.
Tragicamente,
grazie al decreto imprese, ora nessuno risponderà penalmente per quei
morti. L’intervento dell’ex ministro Di Maio, conclusosi con la
limitazione dell’immunità agli adempimenti del piano ambientale, dopo
aver gridato ai quattro venti che mai avrebbe consentito l’immunità
penale, è un semplice ritocco furbesco che non muta la sostanza del
provvedimento.
Limitare l’immunità alle opere del
piano ambientale in uno stabilimento dove quasi tutti gli impianti sono
sottoposti a sequestro per la mancata adozione delle misure di sicurezza
e di tutela ambientale è semplicemente ipocrita.
Dopo
essersi candidato a restituire legalità ad un paese dilaniato da
corruzione, malaffare e impunità, oggi il M5S con questo provvedimento
si accoda, in totale sintonia, ai governi che lo hanno preceduto.
Per
costoro la produzione dell’acciaio viene prima del diritto alla salute,
del diritto della sicurezza di chi ci lavora e del rispetto
dell’ambiente.
Peraltro tutto ciò accade in uno
stabilimento che sta, materialmente, cadendo a pezzi e nel quale, non si
intravede nessun cambio di passo nella nuova gestione Arcelor Mittal
rispetto a quella commissariale.
La pervicacia con cui
la proprietà ArcelorMittal ha chiesto ed ottenuto l’immunità non
testimonia esattamente un grande impegno industriale, quanto la volontà
di sfruttare al massimo gli impianti, spremere il più possibile risorse
pubbliche e i lavoratori per poi disimpegnarsi progressivamente nei
prossimi anni. Accaparrandosi così le ambite quote di mercato dell’ex
Ilva e il presidio nel porto.
Un disastro sociale,
politico ed economico annunciato quindi, annunciato nel momento stesso
in cui il governo Gentiloni ha deciso il ritorno dei privati nella
proprietà e il primo governo Conte ha confermato.
Ora
più che mai è necessaria una mobilitazione straordinaria dei lavoratori e
della città. Lo stabilimento va chiuso. Ne va del presente e del futuro
di questo paese.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento