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03/11/2013

Siria, fonti Usa confermano attacco aereo Israele

Come era avvenuto in passato la conferma dei raid compiuti dall'aviazione israeliana contro la Siria è arrivata dagli Stati Uniti. Un funzionario dell'amministrazione Obama la scorsa notte ha detto alla Cnn che effettivamente "aerei militari di Israele" hanno colpito ieri una base siriana nei pressi della città portuale di Latakia, così come avevano riferito ieri diverse televisioni arabe. Secondo la fonte americana, il raid aveva l'obiettivo di "impedire il trasferimento di missili" a Hezbollah. La stessa motivazione usata da Israele per giustificare tutti gli attacchi aerei contro la Siria compiuti dall'inizio dell'anno.

Intanto la Siria non può più produrre né utilizzare armi chimiche. Questo annuncio, che certo avrà riflessi diplomatici e politici importanti, è giunto ieri dall'Opac, l'Organizzazione per la proibizione di armi chimiche. Nelle stesse ore però è giunto anche l'ultimo bilancio non ufficiale di vittime dall'inizio della guerra civile, più di due anni fa. È salito a oltre 120.000 il totale dei morti, dai dati dell'Osservatorio nazionale per i diritti umani, ong vicina all'opposizione siriana. Tra le vittime 42.945 sono civili (di cui 6.365 bambini), quasi 30.000 sono soldati e oltre 18 mila sostenitori del regime. I ribelli morti sarebbe 18.122 a cui si aggiungono migliaia di vittime non identificate, in buona parte jihadisti giunti dall'estero per la «guerra santa» contro l'«infedele» presidente siriano Bashar Assad. Nei combattimenti sarebbero inoltre rimasti uccisi 187 guerriglieri libanesi di Hezbollah che combattono a sostegno delle truppe governative.

I team dell'Opac hanno ispezionato 21 dei 23 siti dichiarati da Damasco. I restanti due erano troppo pericolosi da visitare ma il loro equipaggiamento è stato trasferito in altri siti controllati. «Tutti gli stock di armi e agenti chimici sono stati sigillati» ha detto il portavoce dell'Opac, Christian Chartier, insistendo sul fatto che i sigilli sono «a prova di manomissione». Si tratta, ha aggiunto, «di 1.000 tonnellate di agenti chimici e 290 tonnellate di armi chimiche». Tutti gli stock sono rimasti sui siti «non siamo ancora in fase di movimento», ha detto. La Siria dispone anche di 1.230 munizioni non ancora riempite di agenti chimici. Il consiglio esecutivo dell'Opac, che si riunirà il 5 novembre prossimo, dovrà decidere le scadenze e i modi per la distruzione delle armi e degli agenti chimici sulla base del piano generale consegnato dalla Siria il 24 ottobre.

Assad sta costruendo la sua credibilità e affidabilità sul rispetto degli impegni assunti di fronte alla comunità internazionale a settembre, quando grazie a un accordo con la Russia sul disarmo chimico è riuscito a fermare un attacco militare degli Stati Uniti dato ormai per certo. Il suo atteggiamento ha già ottenuto qualche risultato. A cominciare dalle parole pronunciate in diverse occasioni dall'inviato dell'Onu, Lakhdar Brahimi, due giorni fa in visita a Damasco, secondo il quale Assad può contribuire alla transizione politica verso una nuova Siria.

Possibilità che l'opposizione siriana continua ad escludere in modo categorico e ripete che non andrà alla conferenza di pace di Ginevra 2 senza aver prima ottenuto la garanzia che Assad si farà subito da parte.

Tuttavia il presidente siriano, emerso più forte dagli sviluppi diplomatici, ripete di non aver ancora preso una decisione sulla possibilità di ricandidarsi nel 2014. Più di tutto è tornato a invocare la cessazione degli aiuti, finanziari e militari, ai ribelli e ai jihadisti che combattono contro il governo centrale. «Fermare il sostegno ai terroristi e fare pressioni sui Paesi che li sostengono è il passo più importante per creare le condizioni adeguate per il dialogo», ha affermato. Paesi che non ha chiamato per nome, ma sottintendeva: le petromonarchie del Golfo, la Turchia e anche agli Stati Uniti che sostengono in ogni modo i gruppi armati.

Sul terreno, intanto, circa 1.800 civili, tra cui bambini e donne, sono stati evacuati dal sobborgo di Muaddamiya, a sud-ovest di Damasco, una roccaforte dei ribelli che l'Esercito siriano prova a riconquistare. L'operazione è stata resa possibile da un cessate il fuoco con la mediazione della Mezzaluna rossa siriana. Un'iniziativa simile era stata attuata il 12 ottobre scorso, quando altri 3.000 civili erano stati evacuati da Muaddamiya. Ma i combattimenti continuano in altri sobborghi e quartieri periferici della capitale. Come quello di Hajar al Aswad. Nella provincia di Homs, invece, 11 civili sono stati uccisi dai ribelli in una incursione nel villaggio di Shalluh, a maggioranza alawita, la stessa confessione religiosa di Bashar Assad.

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