Come era avvenuto in passato la conferma dei raid compiuti
dall'aviazione israeliana contro la Siria è arrivata dagli Stati Uniti.
Un funzionario dell'amministrazione Obama la scorsa notte ha detto alla
Cnn che effettivamente "aerei militari di Israele" hanno colpito ieri una base siriana nei pressi della città portuale di Latakia,
così come avevano riferito ieri diverse televisioni arabe. Secondo la
fonte americana, il raid aveva l'obiettivo di "impedire il trasferimento
di missili" a Hezbollah. La stessa motivazione usata da Israele per
giustificare tutti gli attacchi aerei contro la Siria compiuti
dall'inizio dell'anno.
Intanto la Siria non può più produrre né utilizzare armi chimiche.
Questo annuncio, che certo avrà riflessi diplomatici e politici
importanti, è giunto ieri dall'Opac, l'Organizzazione per la proibizione
di armi chimiche. Nelle stesse ore però è giunto anche l'ultimo
bilancio non ufficiale di vittime dall'inizio della guerra civile, più
di due anni fa. È salito a oltre 120.000 il totale dei morti, dai
dati dell'Osservatorio nazionale per i diritti umani, ong vicina
all'opposizione siriana. Tra le vittime 42.945 sono civili (di cui 6.365
bambini), quasi 30.000 sono soldati e oltre 18 mila sostenitori del
regime. I ribelli morti sarebbe 18.122 a cui si aggiungono migliaia di
vittime non identificate, in buona parte jihadisti giunti dall'estero
per la «guerra santa» contro l'«infedele» presidente siriano Bashar
Assad. Nei combattimenti sarebbero inoltre rimasti uccisi 187
guerriglieri libanesi di Hezbollah che combattono a sostegno delle
truppe governative.
I team dell'Opac hanno ispezionato 21 dei 23 siti dichiarati da Damasco.
I restanti due erano troppo pericolosi da visitare ma il loro
equipaggiamento è stato trasferito in altri siti controllati. «Tutti gli
stock di armi e agenti chimici sono stati sigillati» ha detto il
portavoce dell'Opac, Christian Chartier, insistendo sul fatto che i
sigilli sono «a prova di manomissione». Si tratta, ha aggiunto, «di
1.000 tonnellate di agenti chimici e 290 tonnellate di armi chimiche».
Tutti gli stock sono rimasti sui siti «non siamo ancora in fase di
movimento», ha detto. La Siria dispone anche di 1.230 munizioni non
ancora riempite di agenti chimici. Il consiglio esecutivo dell'Opac, che
si riunirà il 5 novembre prossimo, dovrà decidere le scadenze e i modi
per la distruzione delle armi e degli agenti chimici sulla base del
piano generale consegnato dalla Siria il 24 ottobre.
Assad sta costruendo la sua credibilità e affidabilità sul rispetto
degli impegni assunti di fronte alla comunità internazionale a
settembre, quando grazie a un accordo con la Russia sul disarmo chimico è
riuscito a fermare un attacco militare degli Stati Uniti dato ormai per
certo. Il suo atteggiamento ha già ottenuto qualche risultato. A
cominciare dalle parole pronunciate in diverse occasioni dall'inviato
dell'Onu, Lakhdar Brahimi, due giorni fa in visita a Damasco, secondo il
quale Assad può contribuire alla transizione politica verso una nuova
Siria.
Possibilità che l'opposizione siriana continua ad
escludere in modo categorico e ripete che non andrà alla conferenza di
pace di Ginevra 2 senza aver prima ottenuto la garanzia che Assad si
farà subito da parte.
Tuttavia il presidente siriano, emerso
più forte dagli sviluppi diplomatici, ripete di non aver ancora preso
una decisione sulla possibilità di ricandidarsi nel 2014. Più di tutto è
tornato a invocare la cessazione degli aiuti, finanziari e militari, ai
ribelli e ai jihadisti che combattono contro il governo centrale.
«Fermare il sostegno ai terroristi e fare pressioni sui Paesi che li
sostengono è il passo più importante per creare le condizioni adeguate
per il dialogo», ha affermato. Paesi che non ha chiamato per nome, ma
sottintendeva: le petromonarchie del Golfo, la Turchia e anche agli
Stati Uniti che sostengono in ogni modo i gruppi armati.
Sul terreno, intanto, circa 1.800 civili, tra cui bambini e donne, sono stati evacuati dal sobborgo di Muaddamiya,
a sud-ovest di Damasco, una roccaforte dei ribelli che l'Esercito
siriano prova a riconquistare. L'operazione è stata resa possibile da un
cessate il fuoco con la mediazione della Mezzaluna rossa siriana.
Un'iniziativa simile era stata attuata il 12 ottobre scorso, quando
altri 3.000 civili erano stati evacuati da Muaddamiya. Ma i
combattimenti continuano in altri sobborghi e quartieri periferici della
capitale. Come quello di Hajar al Aswad. Nella provincia di Homs, invece, 11 civili sono stati uccisi dai ribelli in una incursione nel villaggio di Shalluh, a maggioranza alawita, la stessa confessione religiosa di Bashar Assad.
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