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03/05/2016

Brasile. Un milione di attivisti dice “NO” al golpe, al ritorno del liberismo, all’imperialismo


Uno dei direttori del Centro di Ricerche Economiche di Washington, Mark Weisbrot, ha dichiarato a “Democracy Now” (una TV Web indipendente), che gli Stati Uniti stanno appoggiando il golpe istituzionale alla stessa maniera di come fecero in Honduras.

La festa del Primo Maggio, celebrata in tutte le grandi e piccole città del Brasile, ha segnato l’inizio di un nuovo corso politico per le forze del movimento popolare che dovranno prepararsi per affrontare in uno scontro frontale non solo la destra, le oligarchie, le differenti famiglie della borghesia imprenditoriale, le “branch” del capitalismo nazionale e multinazionale e le sette evangeliche, ma anche quei settori della classe media, dei lavoratori e dei disoccupati che sono rimasti in casa a vedere le manifestazioni del Primo maggio in tv non perché hanno scelto di essere i nuovi alleati del golpismo. Oggi, purtroppo come in passato, questa parte di popolo ha avuto paura di scendere in piazza e di affrontare l’altra faccia dello Stato, cioè quell’armata, quella che bastona, che spara e che arresta! Quella faccia dello stato che il governo del PT, purtroppo, non hanno avuto il coraggio o la forza di cambiare!

Una paura che, comunque, è cresciuta a macchia d’olio quando in Parlamento sono riecheggiati gli applausi per il colpo di stato del 1964, con parlamentari che inneggiavano ai torturatori e agli arbitri commessi negli Anni di Piombo. E’ una paura che riflette la violenza gratuita perpetuata nelle favelas, nelle università, nei campi e nelle strade delle grandi città dagli agenti della Polizia Civile, della Polizia Militare e della Polizia Federale. Una violenza che i media esaltano, la borghesia applaude e la magistratura – salvo poche eccezioni – fa finta di ignorare o nei casi flagranti insabbia, rimandando le indagini alle calende greche!

Nonostante il clima teso, il movimento popolare ha scelto la celebrazione del Primo Maggio per dare una risposta politica alla FIESP (Confindustria brasiliana), alle multinazionali e alla borghesia imprenditoriale, proprio a Sao Paulo, la città dove la cospirazione ha mosso i primi passi. Infatti il “Vale di Anhangabau” si è riempito con più di 100.000 militanti, convocati dalle cinque confederazioni sindacali, dai partiti della sinistra e, soprattutto dai gruppi del movimento popolare, primo fra tutti il Movimento dei Sen Terra (MST), che, nel novembre del 2015 lanciò la proposta del Fronte Popolare Brasiliano per opporsi al tentativo di golpe bianco.

Per questo, il movimento ha, finalmente, capito che la questione dell’Impeachment nei confronti della presidentessa Dilma Rousseff, in realtà, è il nuovo capitolo della lotta che il movimento popolare dovrà affrontare contro il nuovo modello di “Ordem e Progresso” che la destra, il mercato e gli USA voglio imporre adesso nel Brasile, senza dover aspettare l’esito delle elezioni del 2018. Un elemento che la presidentessa, Dilma Roussef, ha finalmente capito e per questo c’è stato un effettivo spostamento a sinistra del suo governo. Per cominciare questo nuovo corso Dilma ha garantito ai 100.000 riuniti nel Vale di Anhangabau, che nei prossimi giorni firmerà due decreti legge, in cui il primo aumenta del 9% il valore della “Bolsa Familia” per i 43 milioni di brasiliani considerati poveri e il secondo eleva in 5% i massimali per la dichiarazione dei redditi.

Anche a Rio di Janeiro, Florianopolis, Porto Alegre, Salvador, Joao Pessoa, Curitiba, Goiania, Belém, Belo Horizonte, le manifestazioni organizzate dalla CUT, insieme alle altre quattro confederazioni sindacali, hanno dimostrato che quello che sta in gioco non è appena la sorte della presidentessa Dilma o del candidato del PT, Inazio Lula da Silva. In pratica, le manifestazioni del Primo Maggio hanno messo a fuoco l’immagine reale di un nuovo fronte politico, in cui stanno convergendo tutti i gruppi del movimento popolare, per evitare che con l’impeachment gli uomini del mercato stravolgano in pochi mesi la Costituzione del 1988, le leggi che regolano le relazioni tra capitale e lavoro, come quelle che stabiliscono i limiti nelle attività (speculative) del mercato finanziario. In pratica le forze politiche del movimento popolare e quello sindacale sono decise a impedire il ritorno del Brasile nel regime di dipendenza degli Stati Uniti.

Sempre più evidente la presenza degli agenti USA nella cospirazione golpista

Dopo aver sottoscritto nella sede dell’ONU il testo dell’Accordo di Parigi sui Cambiamenti Climatici, la presidentessa del Brasile, Dilma Roussef ha rifiutato d'incontrare l’emissario della Casa Bianca, Thomas A. Shannon, Jr., Sotto Segretario del Dipartimento di Stato ed ex-ambasciatore degli USA in Brasile. Però ha concesso un’intervista che negli Stati Uniti solo il “New York Times” ha pubblicato in prima pagina, con il titolo “…In Brasile l’Impeachment è un golpe!” – per poi porre l’accento sulle parole di Dilma, secondo cui – “…In passato i colpi di stato erano fatti con mitragliatrici, carri armati e armi. Oggi, invece per farlo basta la firma d’individui che non hanno scrupoli e vogliono stravolgere la Costituzione!”

Nonostante le accuse fatte dalla presidentessa nel suo intervento nell’assemblea delle Nazioni Unite, la stampa statunitense, come tra l’altro quella europea, hanno in sostanza sposato la tesi dell’impeachment e soltanto il New York Times – forse nel tentativo di convincere le “eccellenze” della Casa Bianca – continua a pubblicare articoli che stanno scuotendo l’opinione pubblica statunitense per rivelare la completa disonestà dei mentori dell’impeachment. Infatti il 27/04, riprendendo il reportage di Glenn Greenwald, pubblicato nel nuovo giornale on line statunitense “The Intercept”, il NYT rivelava che i capi dei partiti che appoggiano l’impeachment, guidati da Eduardo Cunha, poco prima della votazione nella Camera dei Deputati, si sono incontrati con il presidente del Supremo Tribunale Federale (STF), Ricado Lewandowski, promettendogli di far approvare “rapidamente” gli aumenti di salario per i giudici e i funzionari del Ministero di Giustizia, nonostante i giudici avessero già ricevuto dal governo due sostanziosi “bonus per l’affitto e per l’istruzione”.

In seguito il NYT rivelava che il commissario della Polizia Federale, Armando Coelho Neto, ex-presidente dell’Associazione dei Commissari della PF aveva detto che “…nell’operazione Lava Jato non c’è nessuna strategia per combattere la corruzione nella Petrobrás, perché si tratta invece di una guerra sotterranea fatta per distruggere il PT e la candidatura di Lula e nello stesso tempo coprire i veri corrotti legati al partito PSDB!”

Un’accusa gravissima che si somma a quella del “Blog Boato” (Sito delle Dicerie), che riprende le parole di un altro graduato della Polizia Federale, secondo cui il giudice Sergio Moro “…per 5 milioni di reali (1,280.000 euro) avrebbe venduto alla TV Globo tutte le registrazioni illegali fatte mentre la presidentessa Dilma, parlava con Lula e poi con il suo avvocato, Roberto Texeira”. Una denuncia che ha rovinato la festa che la rivista The Times, aveva organizzato a Washington per premiare il giudice Sergio Moro, con il titolo di “… settimo uomo più influente nel mondo!”

Un’ influenza che, comunque, Sergio Moro dovrà spiegare ai giudici del Tribunale Superiore Federale, poiché il gruppo televisivo Record pretende di aprire nei suoi confronti un processo nel TSF ed anche nella Commissione Nazionale di Giustizia. Inoltre, il 30 aprile, in Porto Alegre, è stata formalizzata la denuncia dell’OAB-RGS – firmata da cento rappresentanti della società civile – nei confronti del giudice Sergio Moro per violazione di una serie di articoli della Costituzione e altri quattro del codice penale.

In seguito, il 31 aprile la WebTV “Democracy Now” trasmetteva un servizio che smentisce le dichiarazioni del vice-presidente cospiratore, Michel Temer, dimostrando, quindi, che avrebbe mentito spudoratamente per coprire il collegamento dei cospiratori con le “eccellenze della Casa Bianca. Infatti, Michel Temer il 27 aprile aveva affermato al giornale brasiliano “Folha de Sao Paulo”, di aver inviato negli USA il senatore del PSDB  Aloysio Nunes per “…realizzare incontri con l’obiettivo di proteggere l’immagine del Parlamento subito dopo la votazione per l’Impeachment nella Camera dei Deputati…”. Invece “Democracy Now” il 30/04, rivelava che il senatore Aloysio Nunes era andato a Washington per incontrarsi in particolare con il Sottosegretario del Dipartimento di Stato, Thomas A. Shannon, Jr, che è il braccio destro e il consulente per l’America Latina del Segretario di Stato, John Kerry.

In realtà, il senatore Aloysio Nunes si è incontrato con Thomas A. Shannon, Jr “…per riferire l’accordo tra il vice-presidente, Michel Temer del PMDB e il triumvirato del PSDB (Fernando Henrique Cardoso, Aécio Neves e Tasso Jereissati) sul nuovo governo che Temer dovrebbe guidare e i decreti legge che saranno proposti in regime di urgenza per la modifica della Costituzione…” Cioè quello che la Casa Bianca e i conglomerati di Wall Street sognano fin dai tempi di George Bush!

L’aspetto drammatico in tutto questo è che, anche in Italia ci sono giornali, televisioni e soprattutto giornalisti che continuano a dire che “… l’Impeachment contro la presidentessa Dilma Rousseff è un procedimento giuridico regolare!”

Achille Lollo è corrispondente in Italia del giornale “Brasil De Fato”, articolista del giornale web “Correio da Cidadania” e editor del programma TV “Contrappunto Internazionale”. Collabora con “Contropiano” e con  la rivista “Nuestra America”.
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