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16/01/2019

Siria - Attentato “mirato” a Mambji, 16 vittime. 4 morti e 3 feriti sono agenti statunitensi

E’ di almeno 16 morti il bilancio dell’attentato suicida che ha preso di mira oggi Manbij, località nel nord della Siria. Tra le vittime 4 sarebbero membri dei servizi di sicurezza Usa, i restanti uccisi sono un agente dei servizi militari britannici, alcuni miliziani locali filo-Usa e dei civili. Ma ci sono anche tre agenti statunitensi tra i feriti.

Le milizie jihadiste dello Stato Islamico (Isis) hanno rivendicato l’attentato, avvenuto nel ristorante al Umaraa dove un kamikaze si è fatto esplodere mentre si stava tenendo una riunione tra il Consiglio militare della città e militari statunitensi. “Un attacco suicida con una cintura esplosiva ha colpito una pattuglia della coalizione nella città di Manbij”, si legge in un comunicato diffuso via internet dal braccio propagandistico dell’Isis, Amaq.

Usa Today riferisce che “I membri del servizio degli Stati Uniti sono stati uccisi durante un’esplosione mentre conducevano una pattuglia di routine oggi in Siria “, ha affermato in una dichiarazione il comando delll’operazione militare Inherent Resolve (il nome in codice della missione militare Usa in Siria, ndr). “Stiamo ancora raccogliendo informazioni e condivideremo ulteriori dettagli in un secondo momento.” Anche la Cbs afferma che “almeno un rapporto ha riferito che quattro membri dei servizi statunitensi sono stati uccisi. Se è vero, il corrispondente veterano della Cbs David Martin osserva “che sarebbe la perdita più grande degli Stati Uniti in Siria da quando le forze americane sono state schierate lì nel 2015”. Anche Bloomberg parla di “ufficiali” statunitensi e non di soldati. Fonti curde confermano che tra i morti c’è anche un ufficiale dei servizi militari britannici.

La città di Manbij si trova a nord di Aleppo. Prima della guerra aveva circa 100mila abitanti ed era uno dei centri principali della parte settentrionale del paese, vicino al confine tra Siria e Turchia. Il 16 agosto 2016 a Mambji si assiste alla definitiva capitolazione dell’Isis sotto l’offensiva delle milizie curde. Ma le milizie dell’Isis ebbero la possibilità di lasciare la città con un’ordinata ritirata evidentemente protetta a seguito di accordi. Dal mese di agosto 2016 la città è in mano alle organizzazioni curde anche se la maggioranza della sua popolazione è araba.

La situazione per Manbij è di nuovo cambiata a dicembre dopo le minacce di Erdogan, che approfittando dell’annunciato ritiro americano dalle zone sotto il controllo delle forze curde, vorrebbe far entrare le proprie truppe in questa parte del territorio siriano per combattere i curdi. Ma a quel punto gli stessi curdi hanno deciso di invitare l’esercito siriano a riprendere il controllo della città. A dispetto degli annunci, l’esercito regolare siriano però non è ancora entrato in città e si è posizionato nelle zone circostanti, in attesa forse di nuovi ordini oppure della conclusione definitiva delle trattative tra curdi e governo di Damasco.

In questo contesto, l’attentato conferma da un lato la presenza di ufficiali statunitensi e britannici a Mambji, dall’altro sembra proprio voler rovesciare violentemente uno scenario che vedeva il ritiro delle truppe statunitensi e delle organizzazioni curde e l’entrata delle truppe di Damasco nella città siriana. Scenario decisamente non gradito alla Turchia e ad Erdogan, ma neanche ai settori della amministrazione Usa (il Pentagono soprattutto) contrari al ritiro dei militari statunitensi dal teatro siriano annunciato da Trump.

Vedremo molto presto quali saranno le conseguenze politiche e “sul campo” di questo attentato perfettamente mirato per le ragioni sovraesposte.

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