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04/03/2020

Cosa temono i servizi segreti? Il conflitto di ritorno, prima ancora che il ritorno del conflitto

Con qualche giorno di ritardo sulla scadenza di febbraio, gli apparati di sicurezza dello Stato hanno presentato la loro relazione annuale al Parlamento esaminando le minacce alla sicurezza nell’anno appena trascorso.

Come al solito la relazione è molto interessante sia quando esamina il quadro internazionale – con particolare attenzione sulle tensioni e i conflitti in Medio Oriente e le minacce dei gruppi jihadisti – sia quando valuta le minacce alla stabilità economica (anche se la competenza degli apparati non arriva a mettere in evidenza i danni provocati ad esempio dai vincoli della Ue sulla destabilizzazione dell’economia italiana, ndr).

Ma i capitoli che ormai da anni destano la nostra attenzione, sono quelli dedicati alla cosiddetta “eversione”.

Cinque pagine e mezzo vengono dedicate alla minaccia rappresentata dagli anarchici, dai marxisti-leninisti e dai movimenti antagonisti e due paginette alla destra radicale (questa volta però appare più ridotto il doppio standard che avevamo denunciato gli scorsi anni).

Il modello di repressione preventiva contro i conflitti sociali – un modello che abbiamo definito più “sabaudo” che fascista – sembra aver dato i suoi frutti. In tal senso sembra essere stato molto efficace il combinato disposto tra il modello dei decreti sicurezza di Minniti e quello di Salvini.

Nella visione delle vecchie barbe finte e dei giovani disgregatori che monitorano – da fuori e da dentro – le attività delle organizzazioni della sinistra di classe e antagonista, colpiscono da un lato la sensazione di non aver ormai troppi grattacapi sui conflitti sociali nel paese, dall’altro la preoccupazione sul ripresentarsi di una contro-narrazione sull’antagonismo politico e sociale nel paese, una sorta di conflitto di ritorno sul piano ideologico e storico. In particolare gli apparati di sicurezza sembrano “aver fiutato” l’indebolimento dell’incantesimo rimozionale creato dal sistema dominante e la curiosità delle nuove generazioni nei confronti della lapide di piombo posta sulla storia del conflitto sociale e politico dei decenni precedenti. Il tentativo di chiudere la storia dentro lo schema delle classi vincenti criminalizzando quelle perdenti, potrebbe non funzionare più di fronte alla fine delle illusioni dei più giovani sulle magnifiche sorti progressive del capitalismo e delle sue espressioni politiche ed ideologiche di dominio sulla società.

Scrivono infatti i servizi di sicurezza che: “L’attività di costante monitoraggio informativo assicurata dal Comparto intelligence ha rilevato, in linea di continuità con gli ultimi anni, il proseguire dell’impegno divulgativo, specie attraverso la testimonianza di militanti storici e detenuti “irriducibili”, volto a tramandare la memoria degli “anni di piombo” e dell’esperienza delle organizzazioni combattenti. La propaganda si è in particolare rivolta, in un’ottica di proselitismo, a un uditorio giovanile, con un occhio di riguardo alla composita area dell’antagonismo di sinistra, sulle cui sensibilità risulta tarata una lettura trasversale, in chiave rivoluzionaria, dell’“antifascismo”, dell’“anti-imperialismo”, dell’“antimilitarismo” nonché delle questioni correlate al disagio sociale, dall’emergenza abitativa a quella migratoria, passando per le criticità del mondo del lavoro”.

Ma oltre al conflitto di ritorno sul piano della narrazione storica e della visione ideologica, ai servizi di sicurezza dello Stato non sfuggono le possibilità di “ritorno del conflitto” sulla base della accresciute e irrisolte contraddizioni sociali alle quali il sistema dominante non può, e non vuole, dare risposte di segno popolare.

Sulle questioni del mondo del lavoro, i servizi di sicurezza scrivono che : “A quest’ultimo riguardo, l’interesse dei circuiti marxisti-leninisti verso delicate vertenze occupazionali in atto sul territorio si è tradotto in tentativi – peraltro rimasti tali – di influenzare le rivendicazioni dei lavoratori per favorirne una trasposizione su un piano di conflitto politico-ideologico, nel segno della contrapposizione al “sistema di produzione capitalistico”.

Altro scenario monitorato è quello della solidarietà internazionalista. Nella relazione dei servizi si segnala come “Si è mantenuta elevata, inoltre, l’attenzione delle componenti d’area verso lo scenario estero – specie in relazione alla questione palestinese e alla “resistenza curda” nel Rojava – cui si è guardato secondo la tradizionale visione “anti-imperialista”. Sono del pari proseguiti i contatti con formazioni straniere della medesima matrice ideologica impegnate in campagne di solidarietà a “rivoluzionari prigionieri”. Ed ancora: “Non è mancato, infine, anche da parte di tali ambienti, l’interesse nei confronti della situazione cilena, analizzata in connessione con le contestazioni registratesi in Libano, in Ecuador, ad Haiti, ad Hong Kong e in Francia. Proteste che, sotto la lente dell’internazionalismo marxista-leninista, sono viste come concreti segnali di una crisi globale del “capitalismo” e, come tali, quali altrettanti indicatori della perdurante validità di ideologia e prassi rivoluzionaria”.

Le “tre A” del movimento antagonista”

Antifascismo, antimilitarismo e ambientalismo sembrano essere i terreni su cui gli apparati di sicurezza monitorano con maggiore attenzione e preoccupazione l’iniziativa del movimento antagonista. Scrivono infatti che: “Pur tradizionalmente fluido ed eterogeneo, il fronte del dissenso antagonista è parso trovare momenti di coesione nelle mobilitazioni sviluppate attorno a tre temi: l’“antifascismo” (declinato principalmente come opposizione alle politiche di sicurezza e alla gestione dei flussi migratori), l’“antimilitarismo” e l’ambientalismo, nel cui ambito è riemersa la significativa valenza antisistema della “lotta No TAV”.

In questo contesto, l’intelligence ha continuato a rilevare i tentativi delle più agguerrite formazioni antagoniste d’inserirsi in contestazioni, come quelle promosse dai cd. Fronti del No contro la realizzazione di grandi opere infrastrutturali, per radicalizzarne le istanze. Ne è un esempio la protesta in Val di Susa, che in estate ha fatto registrare un ritorno a pratiche violente, come attestato dagli incidenti occorsi nella notte tra il 20 e il 21 luglio al cantiere di Chiomonte (TO).

L’antagonismo ha mostrato interesse anche per le mobilitazioni indette a livello internazionale sulla questione del cambiamento climatico: sul terreno, partecipando a manifestazioni in varie città, in alcuni casi tradottesi in blocchi temporanei all’ingresso di stabilimenti di carburante e di raffinerie; sul piano propagandistico, ponendo strumentalmente in connessione ambientalismo, interessi economici di multinazionali del comparto militare ed energetico e questione migratoria, in una logica di contrapposizione tra “Occidente neo-colonialista e imperialista” e “sfruttati del Terzo Mondo”. Sono stati colti, altresì, segnali di rilancio della campagna antimilitarista, che ha seguitato a distinguersi per un accentuato respiro internazionalista, con pulsioni anti-NATO declinate in diverse iniziative di protesta in occasione delle celebrazioni del 4 aprile per il 70° anniversario dell’Alleanza Atlantica”.

Le organizzazioni fasciste

Quando si arriva a parlare dei gruppi neofascisti, i servizi segreti riescono sempre a prenderla alla larga. Molta attenzione su quanto avviene negli altri paesi, poca attenzione su quello che i fascisti combinano nel nostro paese. È scritto infatti nel capitolo dedicato alla destra radicale che “L’attività degli Organismi informativi in direzione della destra radicale ha necessariamente tenuto conto di uno scenario di fondo che, confermando gli allarmi lanciati nei più qualificati consessi internazionali d’intelligence, ha fatto registrare gravissimi attentati – a partire da quello di Christchurch del 15 marzo – e una molteplicità di episodi di violenza motivati dall’intolleranza religiosa e dall’odio razziale. Tali eventi hanno testimoniato l’emergere di insidiosi rigurgiti neonazisti, favorito da una strisciante, ma pervasiva propaganda virtuale attraverso dedicate piattaforme online, impiegate per veicolare documenti, immagini e video di stampo suprematista, razzista e xenofobo. Il fenomeno, che nella sua dimensione associativa presenta numeri contenuti, alimenta soprattutto – in analogia con quanto avviene nell’ambito della radicalizzazione jihadista – percorsi individuali di adesione al messaggio oltranzista. I profili più esposti, come emerge dalla casistica delle azioni, sono quelli dei più giovani, maggiormente vulnerabili ad una retorica che, da un lato, esalta il passaggio all’azione quale unica via per “mutare l’ordine delle cose”, dall’altro, offre un recinto identitario in cui riconoscersi ed esaltarsi.”

Dopo questo pippotto su quello che i nazifascisti combinano all’estero, i servizi di sicurezza devono ammettere che: “In relazione al quadro delineato, l’attenzione dell’intelligence non ha mancato di considerare il rischio che anche ristretti circuiti militanti o singoli simpatizzanti italiani possano subire la fascinazione dell’opzione violenta. Ciò, pure alla luce dell’inedito scenario disvelato da diverse operazioni di polizia nei confronti di ambienti filo-nazisti. Il monitoraggio informativo ha posto in luce come, accanto a formazioni strutturate e ben radicate sul territorio, si sia mossa una nebulosa di realtà skinhead ed aggregazioni minori, alcune delle quali attive soltanto sul web. Una galassia militante frammentata, che si è caratterizzata per una comunanza di visione su alcuni temi, quali la rivendicazione identitaria e l’avversione all’immigrazione, al multiculturalismo e alle Istituzioni europee, oltre che per momenti di corale, quanto estemporanea, convergenza in occasione di appuntamenti politico-culturali e commemorativi sul “fascismo delle origini”.

Inutile rammentare, come le principali preoccupazioni sottolineate nella relazione siano quelle di ordine pubblico per la contrapposizione nelle periferie metropolitane tra le organizzazioni della sinistra di classe e le incursioni fasciste. “Le maggiori compagini, cronicamente attraversate da dissidi interni ed impegnate in processi di riorganizzazione, hanno proseguito nell’opera di accreditamento e inserimento nel tessuto sociale, con iniziative propagandistiche e mobilitative, specie nelle periferie urbane, volte a coinvolgere i contesti giovanili e le fasce popolari più svantaggiate, cavalcando tensioni e problematiche socio-economiche, legate all’emergenza abitativa e occupazionale, alla questione migratoria e alla sicurezza. Una inclinazione, non nuova, ad innestarsi sulle situazioni di disagio, polarizzandole, che non ha mancato di produrre effetti rilevanti per l’ordine pubblico, come avvenuto nella Capitale, nei casi in cui le contestazioni contro i centri di accoglienza e l’assegnazione di alloggi a stranieri e Rom sono sfociate in scontri di piazza”.

Per i servizi segreti, il problema è l’invasione di campo dei gruppi neofascisti sulle questioni sociali che li contrappone ai gruppi di sinistra presenti sui territori metropolitani. “Proprio l’impegno su tematiche sociali e su materie tradizionalmente appannaggio dell’antagonismo di sinistra e, ancor più, la decisa opposizione ai flussi migratori, declinata con un registro chiaramente xenofobo e razzista, hanno alimentato dinamiche fortemente conflittuali con la militanza di opposto segno ideologico, tradottesi in reciproche provocazioni ed aggressioni”.

A parte l’attenzione sui gruppi skinhead (anche se i fascisti più aggressivi spesso hanno i capelli sulla testa, su quello che ci sia dentro il giudizio è più perentorio, ndr), colpisce il fatto che di almeno tre operazioni condotte nel 2019 che hanno portato al ritrovamento di arsenali e di reti neofasciste, la relazione, in una apposita scheda, ne citi solo una: “Tra le operazioni di polizia condotte nel 2019 in direzione di soggetti e gruppi di dichiarato orientamento nazi-fascista, specifica menzione meritano le indagini sfociate, il 28 novembre, nell’esecuzione, da parte della Polizia di Stato, di 20 decreti di perquisizione domiciliare emessi dalla Procura Distrettuale di Caltanissetta a carico di altrettanti soggetti, indagati per costituzione e partecipazione ad associazione eversiva ed istigazione a delinquere. L’inchiesta – che ha interessato le città di Torino, Cuneo, Milano, Monza Brianza, Bergamo, Cremona, Padova, Verona, Vicenza, Genova, Imperia, Livorno, Messina, Siracusa e Nuoro – ha portato all’arresto di 3 persone e al sequestro di armi, munizioni, documenti apologetici e pubblicazioni sul nazional-socialismo hitleriano, bandiere naziste e simboli delle SS. L’attività ha permesso di evidenziare l’intenzione di dar vita ad un “Partito Nazionalsocialista Italiano dei Lavoratori” attestato su posizioni dichiaratamente filo-naziste, xenofobe e antisemite”.

Insomma del missile trovato ad un ex (?) di Forza Nuova a Torino o dell’arsenale rinvenuto nel senese non vi è traccia. Eppure sono stati trovati e ci sono stati degli arresti.

Nella seconda parte della relazione viene poi pubblicato il “Documento sulla Sicurezza Nazionale” dedicato soprattutto alle minacce informatiche e alla cyber sicurezza, un dossier che da tempo i servizi segreti seguono con molta attenzione e che sta portando anche ingenti finanziamenti statali su questo fronte. Allo “Stato della minaccia cibernetica” sono dedicate molte pagine.

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