(Nella foto: il cittadino basco Unai Romano, prima e dopo le torture inflittegli dopo l'arresto, il 6 settembre del 2001, da parte della Guardia Civil)
Il rapporto del Cpt ha in particolare sottolineato la mancanza di garanzie per i detenuti rappresentata dall’isolamento – incomunicaciòn – che segue l’arresto nel caso dei prigionieri politici e denuncia gli ostacoli frapposti dalla Guardia Civil al lavoro della commissione.
La delegazione del Cpt ha visitato alcune carceri e commissariati di polizia dello stato spagnolo tra il 30 maggio e il 13 giugno del 2011, e poi ha elaborato un rapporto che censura in maniera esplicita gli episodi di maltrattamento riscontrati. Nonostante gli intervistati abbiano assicurato di esser stati trattati correttamente nella maggior parte dei casi, alla delegazione del Cpt sono arrivate varie denunce di maltrattamenti e veri e propri casi di tortura. La delegazione del Consiglio d’Europa in particolare specifica di aver ritenuto credibili almeno 10 delle 11 denunce di tortura presentate da altrettanti cittadini baschi detenuti in regime di ‘incomunicaciòn’. Un regime che prevede, dopo l’arresto, fino a cinque giorni di isolamento totale durante il quale il detenuto o la detenuta non possono avere nessun contatto né con la propria famiglia né con un avvocato o un medico di fiducia, essendo di fatto sequestrati dalle forze dell’ordine in un luogo tenuto segreto. E’ durante questi cinque giorni che sono più numerosi i maltrattamenti e i veri e propri casi di tortura, perché poi vi è tutto il tempo affinché i segni più rilevanti delle percosse o delle scariche elettriche applicate in diverse parti del corpo dell’arrestato – testicoli, seni, braccia e gambe – scompaiano o comunque divengano meno visibili. Eredità della dittatura franchista, la tortura è sempre stata sistematicamente utilizzata anche dopo la morte di Francisco Franco e l’autoriforma del regime. Nel codice penale di Madrid infatti le dichiarazioni rese durante il primo interrogatorio dopo l’arresto hanno un valore di prova durante il successivo procedimento giudiziario, sia che si tratti di ‘ammissioni di colpa’ sia che si tratti di confessioni sul coinvolgimento di terzi e presunti complici. Poco importa che le confessioni siano estorte sotto tortura, perché i tribunali spagnoli da sempre rigettano nella stragrande maggioranza dei casi le denunce dei detenuti sui maltrattamenti fisici e psicologici subiti, che anzi vengono addirittura considerate dai giudici iberici un’ammissione ulteriore di colpevolezza sulla base del fatto che ‘chi denuncia torture lo fa perché imbeccato dall’ETA’ o dai gruppi indipendentisti baschi. Si contano sulle dita di due mani gli agenti della Policia Nacional, della Guarcia Civil o di altri corpi di sicurezza condannati negli ultimi decenni perché riconosciuti colpevoli di aver maltrattato e torturato gli arrestati. Per lo più a subire le attenzioni del sistema carcerario spagnolo sono attivisti della sinistra basca ma anche di altri movimenti politici espressione di nazioni senza stato – catalani, galiziani – oppure immigrati.
Nel
suo rapporto la Commissione ribadisce il suo invito – più volte
espresso – a porre fine ad un regime di ‘incomunicaciòn’ che non ha
eguali in nessun altro paese europeo, a permettere che il detenuto possa
essere immediatamente assistito da un avvocato di fiducia sia nei primi
momenti dell’arresto sia durante l’interrogatorio. I delegati del Cpt
hanno denunciato di aver trovato bastoni e mazze da baseball all’interno
delle sale degli interrogatori di alcune questure, in particolare nei
commissariati di Cádiz e Madrid (Puente de Vallecas e Moratalaz).
Inoltre il Cpt invita le autorità
spagnole a proibire quanto prima trattamenti degradanti, come ad esempio
l’abitudine di bendare o incappucciare i prigionieri durante gli
interrogatori o i trasferimenti dal luogo dell’arresto al commissariato o
dal commissariato alla prigione. Inoltre la commissione del Consiglio
d’Europa invita Madrid a garantire che le celle di sicurezza nei
commissariati dispongano di luce naturale, di un sistema di ventilazione
e di un campanello d’allarme. Nel suo rapporto i delegati del Consiglio d’Europa che hanno visitato carceri e commissariati spagnoli hanno esplicitamente denunciato l’aperta ostilità nei confronti del loro lavoro dimostrata dall’Unità di detenzione del Servizio di Informazione della Guardia Civil (l’equivalente dei nostri Carabinieri). Che ha addirittura impedito che i commissari del Cpt potessero accedere alla zona dove erano rinchiusi i detenuti, a Madrid, come già era accaduto nel 2007.
E’ in un paese così che sabato scorso il governo italiano e i responsabili del Ministero della Giustizia hanno estradato l’attivista basco Lander Fernandez Arrinda, nonostante la richiesta da parte di parlamentari e giuristi affinché la sua posizione fosse esaminata alla luce di alcuni ricorsi alla Commissione Europea dei Diritti Umani e al Tar del Lazio. In una conversazione telefonica con gli avvocati di Lander la ministra Paola Severino ha affermato di non sapere nulla del caso, nonostante dieci mesi di articoli di stampa, iniziative di denuncia e una lettera aperta indirizzata proprio a lei. E’ il caso che i ministri italiani si informino. Come piace dire a loro: “ce lo chiede l’Europa”…
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