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10/01/2019

Le Gilets Jaunes: “precarizzate, discriminate, ribellate!”


Le mobilitazioni di sabato 5 e quelle di domenica 6 gennaio hanno dimostrato l’inalterata vitalità del movimento iniziato il 17 novembre, che sta giungendo ad un significativo “giro di boa” mentre entra nel terzo mese della mobilitazione.

Prima della marea gialla, solo due movimenti avevano avuto questa capacità di tenuta temporale, nella Francia contemporanea – escludendo l’esperienza della lotta di liberazione contro gli occupanti nazisti e il regime collaborazionista retto dal Maresciallo Petain – e si tratta delle mobilitazioni durante il “Fronte Popolare” nel 1936 e del più vicino Maggio 1968.

Le mobilitazioni di sabato per l’atto VIII hanno interessato la capitale, gli epicentri regionali delle mobilitazioni in questi mesi, ed anche i centri minori. Le immagini, i video ed i reportage prodotti dai partecipanti, dalle testate informative locali e dai media indipendenti danno l’idea di una volontà di riscatto che non è indietreggiata di fronte al progressivo inasprirsi di un dispositivo repressivo che coniuga la violenza poliziesca ai provvedimenti giudiziari.

Dall’inizio della protesta ben 5.339 persone sono state poste in “guarde à vue”!

Domenica le manifestazioni delle donne Gilets Jaunes hanno dato la giusta rappresentazione al protagonismo femminile che ha caratterizzato la mobilitazione sin dal suo nascere, facendo emergere la specificità della condizione femminile all’interno delle classi subalterne.

Madri di famiglia di nuclei monoparentali che si dividono tra il lavoro e l’attività di cura non retribuita, giovani precarie che non riescono ad intraprendere un percorso che le renda autonome, pensionate preoccupate per l’avvenire di figli e nipoti, portatrici di handicap che vivono in povertà, sono state ogni giorno le protagoniste della marea gialla. Ma i media mainstrem hanno preferito eclissarle, per meglio gestire la narrazione tossica macroniana sulle “violenze dei manifestanti”.

Le donne vivono una situazione di forte disparità salariale, sono le più colpite dalla precarietà e la stragrande maggioranza di loro lavorano part-time.

Priscilla Ludovsky, una delle figure di spicco del movimento dei GJ ha manifestato a Parigi domenica, ed intervistata dal sito di informazione alternativa Revolution Permanente ha dichiarato:

“Le donne non sono sempre messe in primo piano nella società in generale, e quindi penso che non sia male” [riferendosi ad una mobilitazione specificatamente femminile], “anche se tutti sono coinvolti dai problemi che evochiamo dall’inizio del movimento, penso che sia importante che le donne abbiano anche la loro voce da far sentire”.

A Rennes le GJ sono scese in strada per denunciare le violenze poliziesche, una manifestante ha dichiarato al reporter di France Bleu: “le donne sono dei bersagli facili per i poliziotti, ne abbiamo abbastanza delle scene di ragazze tirate per i capelli e picchiate”.

A Nimes, circa 200 GJ hanno sfilato in diversi punti del centro cittadino ritmando insieme ai cori che ormai caratterizzano le mobilitazioni anche: “Macron t’est foutu, les nanas sont dans la rue”.

Ad un giornalista di “ObjecifGard” una manifestante dichiara: “i familiari che sono in pensione, invece di potere passare dei giorni felici, devono occuparsi del sostentamento quotidiano dei loro figli che non ce la fanno più”.

Anche ad Avignone hanno sfilato le GJ, con un corteo di poco meno di 500 persone. A France Bleu raccontano le varie declinazioni della vulnerabilità sociale delle donne, Maryse spiega che “molte donne vivono nella loro macchina, con 500 euro al mese, a volte con dei bambini”.

Un centinaio di donne ha sfilato anche a Lione, riferisce Le Progrés, omaggiando le persone che sono state uccise e ferite dall’inizio del movimento. Vanessa spiega che “dopo il 17 novembre siamo tutte fuori dalle mura domestiche. Abbiamo due rivendicazioni principali , il referendum di iniziativa cittadina (RIC) e l’amnistia di tutti i Gilets Jaunes incarcerati”.

A Tours, dopo il corteo di un migliaio di manifestanti, domenica, una sessantina di donne GJ ha sfilato per il centro concludendo il corteo di fronte al commissariato dietro lo striscione “più donne, meno poliziotti”. Una manifestante dice a La Nouvelle Repubblique: “non guardo più la televisione, ma solo i social”, confermando la diffusa sfiducia nei confronti dei media mainstream.

A Givors, una cinquantina di GJ hanno sfilato, sfidando il freddo e tentando dei piccoli blocchi stradali. André, una pensionata di 78 anni, dice a Le Progrés che “il nostro potere d’acquisto diminuisce. Bisogna indicizzare i salari e le pensioni”.

A Tolosa, che come Bordeaux è uno degli epicentri del movimento, circa 300 GJ sono sfilate per il centro città; nei due striscioni d’apertura si poteva leggere: “Precarizzate, discriminate, Ribellate!” e “Le donne in prima linea”. Uguaglianza ed equità sono due delle richieste che spiccano, in una città che si è strutturata con una Assemblea Generale riunitasi per tre volte e che ha dato vita a gruppi di lavoro ed ad una agenda politica che traguardi le tappe dei vari atti. Insieme a Lille, l’assemblea generale di Tolosa ha chiesto a gran voce ai sindacati lo sciopero generale.

Questa è solo una panoramica parziale, che però dà il senso del protagonismo di chi per la maggior parte esce dalle mura domestiche per partecipare attivamente per la prima volta alla vita politica e si esprime direttamente senza mediazioni nelle varie forme che il movimento si è dato.

Mathilde Goanec ha fatto per Mediapart un bel reportage della manifestazione a Parigi, “les femmes gilles jaunes haussent le ton”, dove si comprende la volontà di uscire dalla zona d’ombra e di andare oltre i ruoli attribuiti da questa società.

Gwen, 25 anni, parrucchiera dice all’autrice del pezzo: “noi siamo delle donne, ma anche delle lavoratrici, pagate molto meno degli uomini. Noi vogliamo mostrare che siamo cittadine, non solo capaci di pulire casa e di occuparci dei figli”.

Certamente alcune forme in cui questo protagonismo si esprime, possono essere piuttosto indigeste per le militanti femministe, e questo vale per tutta la mouvence in generale. Basti pensare allo sventolare delle bandiere tricolori o l’intonare “La Marsigliese”, ma pensiamo che chi ha deciso di confrontarsi con questo movimento reale dimostri tutta la sua maturità politica, perché è conscio della condizione in cui vivono queste donne e che è fondamentale creare un ponte tra militanti di lunga data e le GJ.

Come afferma Michèle, attivista della Casa delle Donne di Saint-Denis, che partecipa alla mobilitazione parigina a proposito delle GJ: “ci si parla, la gente si confronta, è questo che è importante”.

I media, la rete televisiva BFM in primis, pochi giorni prima della manifestazione, hanno deciso di costruire l’ennesima fake news, riportando l’ipotetica generale avversità dei GJ per la possibilità di matrimonio tra persone dello stesso sesso, la cui abrogazione – essendo legge – sarebbe una delle priorità dei GJ!

Un chiaro tentativo per screditare il movimento e probabilmente per disincentivare alla partecipazioni le reti di attiviste che avevano dato vita alle marce contro la violenza sulle donne del 24 novembre che si sono svolte in tutto l’Esagono.

Le Media Tv ha fatto numerose interviste ai manifestanti che hanno partecipato alla manifestazione parigina di sabato, e naturalmente nessuno, NESSUNO, ha detto di averla mai sentita tra i GJ, ribadendo invece l’importanza delle rivendicazioni sociali e politiche che hanno portato le persone ad attivarsi.

Nella prima intervista due ragazze, dopo avere riso di gusto, si baciano di fronte al reporter dicendo che si sono appena sposate.

Ed in effetti, in nessuna delle tre ricerche scientifiche che sono state effettuate e che abbiamo riportato così come sono state pubblicate sui giornali (la prima su Le Monde, la seconda su Libération, la terza su L’Humanité) c’è traccia della volontà di abrogare la legge che consente il matrimonio a persone dello stesso sesso.

Ma oramai parti sempre più consistenti della popolazione pensano che le narrazioni mediatiche siano solo esempi ripetuti di “falso incontestabile” per parafrasare Guy Debord, completamente prive di un qualche valore di veridicità.

Pensate che sia una iperbole retorica?

In questo caso guardate cosa ha risposto C. Lagier, una affermata ricercatrice, alle domande di Anais Ginori, in una intervista pubblicata su La Repubblica mercoledì 8 gennaio.

L’intervistatrice, diremmo piuttosto sorpresa, chiede: “come mai queste violenze” – riferendosi a quelle dei manifestanti – “non suscitano una reazione nell’opinione pubblica, ma anzi c’è un implicito sostegno?”

Risposta: “I responsabili di governo non hanno saputo vedere la crisi che si apriva nelle nostre società. E hanno aggravato la situazione cavalcando la democrazia d’opinione, instaurando metodi di governo che eliminano i corpi intermedi. È diventato un gigantesco boomerang perché sono salatati i filtri democratici. E dopo tante delusioni, molti francesi non si scandalizzano più davanti alla violenza. Si dicono: pazienza, forse è l’unico modo di cambiare un sistema bloccato ed inefficace”.

Anche per questo motivo la voce delle donne per l'esecutivo attuale è particolarmente minacciosa, dentro un coro polifonico dove tutti i colori della collera si stanno tingendo da tempo di giallo.

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