I dati sull'economia reale vanno malissimo, riconosce l'Ocse. Ma per la
teoria dell'"austerità espansiva" - tra tagli alla spesa e ai diritti
sociali - "siamo nella giusta direzione".
I pazzi furiosi che dettano al mondo le linee economiche
guida non deflettono: per quanto la realtà dia loro torto, perseverano
nell'obbedienza fideistica a una teoria che si è rivelata insensata, ma
che sta facendo gonfiare i forzieri della finanza globale mentre si
chiudono migliaia di fabbriche nei paesi Piigs, mettendo per strada
milioni di persone.
Cosa dice infatti l'Ocse (organizzazione che
riunisce i 30 paesi più industrializzati del mondo)? Che l'Italia è
partita con il piede giusto e potrebbe uscire dalla recessione già
quest'anno. Potrebbe, ma non avverrà; il Pil calerà infatti quest'anno
dell'1,5%, mettendo la parola fine sulla famosa "luce in fondo al
tunnel" con cui Mario Monti aveva provato a distogliere l'attenzione
sociale dalla tragedia presente indicando un incerto e flebile
"miglioramento" futuro.
Ma, avverte ancora l'Ocse, ciò non significa
che il paese non possa inciampare sotto il peso del debito pubblico.
L'Ocse - oggi esce il suo rapporto semestrale sull'Italia - giudica
positivamente "l'ambizioso programma di riforme" avviato lo scorso anno
"volto a ripristinare la sostenibilità delle finanze pubbliche e
migliorare la crescita a lungo termine".
Ma "con un rapporto
debito pubblico/Pil vicino al 130% e un piano di ammortamento del debito
particolarmente pesante (il Fiscal Compact, ndr), l'Italia
rimane esposta ai cambiamenti improvvisi dell'umore dei mercati
finanziari". "La priorità è quindi la riduzione ampia e prolungata del
debito pubblico". Un salasso, insomma, come ai bei tempi della medicina
post-medioevale. E se poi il paziente muore, l'avrà voluto dio...
I risultati ottenuti finora "devono essere consolidati e sono
necessarie ulteriori misure volte a promuovere la crescita e a
migliorare la competitività, per rimettere l'Italia sulla strada di una
crescita sana". Che finora è passata per la peggiore recessione mai
vista in tutto il secolo scorso, con esclusione degli anni di guerra.
Del
resto, lo stesso Ocse rivede in peggio le previsioni pubblicate lo
scorso novembre: il Pil viene al ribasso quest'anno (-1,5% invece del
-1,0% predetto in precedenza).
Non manca l'augurio di uscire
dalla recessione "nel 2014" (è il quarto anno consecutivo che viene
promessa una cosa del genere; c'è il fondatissimo rischio di stancare!).
Una presa per i fondelli, visto che viene "rivista al ribasso" anche la
già timida crescita prevista per l'anno prossimo: + 0,5% da + 0,6%.
Le stime dell'Ocse sono peggiori non solo rispetto a quelle del governo
(-1,3% quest'anno e +1,3% l'anno prossimo, secondo il Documento di
economia e finanza approvato il 10 aprile), ma anche rispetto a Fmi
(-1,0% e 0,5%), a Ue (-1,0% e 0,8%) e a Bankitalia (-1,0% e 0,7%).
Probabile, dunque, che siano state elaborate su dati più recenti; e che,
perciò, siano un po' più vicine al vero.
Anche il debito è stato
corretto in peggio: 131,5% del Pil quest'anno e al 134,2% l'anno
prossimo, ma "potrebbe aumentare ulteriormente qualora non si prosegua
con ulteriori interventi di consolidamento e/o in assenza di entrate
provenienti da operazioni di privatizzazione nel 2014". Del resto - come
ricordiamo quasi ogni giorno - il rapporto debito/Pil è una frazione
aritmetica: se il Pil diminuisce, il debito aumenta in percentuale anche
se viene ridotto in cifra assoluta. Insomma: se tagli la spesa, ma
produci sempre meno, fai la fame e nemmeno migliori "i parametri"!
"Il
debito pubblico italiano - da due decenni sopra il 100% del Pil - è tra
i più alti dei Paesi dell'OCSE e il suo rinnovo richiederà circa 400
miliardi di euro l'anno, nel corso dei prossimi anni" in nuove emissioni
di titoli pubblici. Se per caso questo "rinnovo automatico" dovesse
bloccarsi per "diffidenza dei marcati", il disastro diventerebbe rapido e
inarrestabile.
"L'elevato livello di debito rende l'Italia
particolarmente esposta, nell'attuale contesto di crisi economica e
finanziaria, al materializzarsi di circoli viziosi tra finanze
pubbliche, settore finanziario ed economia reale". In pratica, i mercati
ci obbligano - tramite la Troika (Bce, Ue, Fmi) - a ridurre la spesa
per aumentare la nostra "credibilità" come debitori; ma se - com'è
inevitabile - questo comporta una drastica riduzione anche dell'attività
economica "reale" (fabbriche, servizi, ecc), allora quegli stessi
mercati ci puniscono una seconda volta. Una tenaglia da cui non si può
uscire sottostando ai diktat congiunti di mercati e Troika...
"L'indebitamento
netto risulta peggiore rispetto alle stime del governo a causa delle
prospettive di crescita più deboli", dice infatti il rapporto Ocse. Ma
la ricetta consigliata si chiama "avanzo strutturale". Secondo le
simulazioni dell'Organizzazione, adottare e mantenere misure volte a
raggiungere un avanzo strutturale di circa il 2% del Pil entro il 2017,
consentirebbe di ridurre il rapporto debito/Pil alla soglia di
Maastricht del 60% del Pil entro il 2030.
Mentre con un pareggio
strutturale il debito pubblico si attesterebbe all'85% del Pil nel 2030
per poi raggiungere il 60% solo nel 2038.
L'"avanzo primario" del bilancio statale è la differenza fra
la spesa pubblica e le entrate tributarie e extra-tributarie esclusi
gli interessi da pagare sul debito. Una strategia ventennale di "avanzo
primario" comporta un'altissima probabilità di strangolare una struttura
produttiva senza più una "spina dorsale" (quella garantita per un
sessantennio dal combinato disposto tra partecipazioni statale e grandi
imprese private, come la Fiat). E quindi queste "simulazioni" Ocse, come
qualsiasi altra fatta prescindendo da quel che accade nell'"economia
reale", sono esattamente quel che sembrano: esercizi divertenti per economisti deficienti.
Ma davvero non innocenti...
Fonte
Questo paese è destinato ad andare sempre peggio sino a quando non stramazzerà esanime al suolo. Un giorno dopo l'altro l'Argentina si fa sempre più vicina.
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