Ed infatti il decreto semplificazioni,
uno dei tanti con cui il governo sta smantellando regole e diritti,
nel suo articolo 14 toglie alle imprese molti vincoli di informazione e
di comportamento, e soprattutto, di controllo sulla salute e la
sicurezza nel lavoro. E' un fatto gravissimo, che avviene nel solito
totale silenzio del regime informativo e anche, è bene sottolinearlo,
senza alcun intervento o interesse da parte di un Presidente della
Repubblica, che pure più volte si era espresso contro la tragedia della
continua strage sul lavoro.
Ecco, in
un paese che vuole rimuovere tutti i suoi tabù, compreso quello
dell'articolo 18, l'unico tabù rimasto pare essere l'insindacabilità
del capo dello Stato. Eppure ce ne sono di cose da dire.
Il
politologo non certo estremista di sinistra Giovanni Sartori, ha
scritto che siamo ormai in una repubblica presidenzialparlamentare.
Questo non è previsto dalla nostra Costituzione. Era previsto nello
Statuto albertino, nella costituzione monarchica, che il re avesse un
ruolo determinante nella scelta del capo di governo. Non fa parte questo
della nostra Costituzione. Eppure lì stiamo andando, con un governo
che nei fatti può essere definito il governo Monti-Napolitano e con un
Presidente della Repubblica che va ben oltre il suo ruolo di garanzia e
che interviene su tutte le scelte di merito politico che sono di
fronte al governo, al parlamento, al paese.
Se
domani Berlusconi volesse lanciare una campagna per lelezione diretta
del Presidente della Repubblica e per il presidenzialismo, non avrebbe
difficoltà ad appoggiarsi ai comportamenti concreti dellattuale
Presidente della Repubblica. Così la Costituzione italiana, tra
modifiche di fatto dei ruoli istituzionali, cessione di sovranità
all'Europa delle banche e della finanza, obblighi assunti contrattati
che non sono sottoposti a nessuna valutazione popolare, così la
Costituzione italiana viene svuotata progressivamente.
Il
Parlamento dei nominati, che fino a poco tempo fa suscitava tanto
scandalo, non solo sostiene il governo nominato, ma si prepara anche a
cambiare strutturalmente la nostra Costituzione con la modifica
dell'articolo 81. Qui non solo si stravolge il senso della nostra
Costituzione, visto che non a caso i padri costituenti non avevano
minimamente pensato a inserire in essa l'assurdità dell'obbligo del
pareggio di bilancio, ma si impegna concretamente la politica economica
e le scelte sociali dei prossimi vent'anni. Visto che questo obbligo
che ci assumiamo si somma al trattato europeo che impone il rientro dal
debito in vent'anni. Nella sostanza, si costituzionalizza una sorta di
obbligo al pagamento dell'equivalente dei debiti di una guerra, senza
che il popolo italiano sia minimamente in condizioni di poter valutare e
decidere cosa si prepara per il suo lungo futuro.
E'
un fatto gravissimo che, ripeto, viene attuato da un Parlamento privo
di qualsiasi reale legittimità, che impegna però tutti i prossimi
parlamenti, se e quando saranno eletti. Così non va proprio ed è ora di
uscire da un timore reverenziale a criticare il ruolo del Presidente
della Repubblica in tutto questo. Anche questo timore è segno di una
crisi democratica. Solo i re di una volta non erano soggetti alla
contestazione e al giudizio dell'opinione pubblica. In una democrazia
piena ogni istituzione, ogni carica politica è sottoposta al vaglio
pubblico del suo operato. Per questo il presidente Napolitano è oggi
criticabile, criticabilissimo senza che ciò faccia scandalo. E bisogna
cominciare a dirlo con forza per non precipitare, senza neanche
accorgercene, in un altro sistema costituzionale.
Giorgio Cremaschi
Fonte.
Il presidenzialismo all'italiana...
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