L’ultima speranza del PT lulista (1) rimane aggrappata alla coscienza di sei senatori, che unendosi ai ventidue contrari al procedimento di Impeachment, sancirebbero la fine del governo interino di Michael Temer. Un’ipotesi giusta, che però si scontra con una realtà costruita dalle “eccellenze” di Washington e da quelle della FIESP, cioè la Confederazione degli Industriali di Sao Paulo. La stessa FIESP che nel 2002 applaudì il “Patto Democratico” con Lula e che oggi è la principale responsabile del colpo di stato nei confronti di Dilma Roussef.
Il presidente della commissione creata dal Senato per legittimare o respingere il processo di Impeachment, intentato nella Camera dei Deputati contro la presidentessa, Dilma Rousseff, ha nuovamente postergato per il 6 luglio l’udienza in cui la presidentessa deve presentare la sua difesa. Un ritardo che vale oro per Dilma e per il PT, poiché il gruppo di analisti finanziari del Senato ha emesso un comunicato in cui si afferma che “...Dilma Roussef non ha la minima responsabilità nella cosiddetta “pedalata fiscale” (2) che rappresenta il 50% delle accuse formulate nel processo di Impeachment...”.
Quindi se il 16 agosto ci sarà il voto negativo di ventotto senatori, la richiesta di Impeachment sarà dichiarata “improcedente” (non giustificata), permettendo a Dilma e al PT di tornare nel “Palacio do Planalto” e dirigere un governo privo di una maggioranza effettiva nella camera dei Deputati come pure nel Senato. In pratica, il PT non avrà nessuna possibilità di ricomporre le antiche alleanze con il PMDB di Temer, il PRN di Collor e la sfilza di partiti regionali legati alle sette pentecostali che hanno infranto gli accordi che avevano con il PT, votando in favore dell’Impeachment. Un governo di minoranza che dovrà liberarsi anche di una decina di deputati e di senatori del PDT (3) e del PSB (4) che votarono a favore del procedimento di destituzione, oltre a dover sostituire tutti i direttori di dipartimento, i sottosegretari dei ministeri, i direttori generali e regionali che erano stati nominati dal PMDB, dal PRN e dai partitini regionali. Un “ripulisti” che dovrebbe estendersi anche nei ventisei stati.
A questo punto è imperativo chiedere se Dilma ricostituirà la struttura federale del governo soltanto con i quadri del PT, del PCdoB, del PDT e del PSB o se saranno convocati anche i quadri del MST, del MSTS, del MAB, senza dimenticare tutti gli organismi regionali che integrano il “Fronte Brasile Popolare” e il “Fronte Popolo Senza Paura”. Cioè, Lula consiglierà a Dilma di fare un governo di sinistra, andando, quindi a scontrarsi con la borghesia e i gruppi oligarchici o c’è un Piano B all’orizzonte? Purtroppo, dai contatti avuti con i rappresentati dei differenti movimenti sociali e con autorevoli dirigenti dei settori della sinistra del PT, il ritorno di Dilma e del PT nel Palacio do Planalto nel 17 di agosto è un’altra masturbazione politica del lulismo, cui si aggiunge il popolare detto carioca “...Ingannami che mi eccito di più!”.
Infatti, sono in pochi a credere che i sei titubanti senatori avranno il coraggio politico di far cadere il governo del golpista Temer. Un tema che la stampa brasiliana ha divulgato ampiamente dicendo che il governo ha in pratica comprato il voto di quei senatori del PSB e del PDT che potrebbero pentirsi e votare in favore di Dilma. Per esempio l’ex centravanti della nazionale brasiliana e del Barcellona, Romario, oggi senatore nel cosiddetto Partito Socialista Brasiliano (PSB), in cambio del suo voto potrebbe essere nominato dal governo come nuovo presidente di Furnas Centrais Electricas,che è la quarta impresa pubblica del Brasile e la dodicesima mondiale, specializzata in costruzioni di centrali idroelettriche. Per un individuo come Romario che non ha nemmeno la licenza superiore è come aver nelle proprie mani un pezzo del paradiso!
Ma la votazione del 16 agosto non si limita a favori del governo per gli opportunisti di turno. Purtroppo, ci sono in gioco grandi operazioni di speculazione politica che il governo Temer non potrà fare a meno di accettare, per garantire nel Senato il voto del 16 agosto a suo favore. Un voto che, in definitiva, ha un valore incommensurabile poiché è lo strumento legislativo che darà una definitiva legittimità al progetto golpista e alla nuova strategia dell’imperialismo in America Latina. Infatti, una di queste operazioni politiche speculative è portata avanti dal deputato Pastor Eurico – anche lui eletto nelle liste del cosiddetto Partito Socialista – e principale leader della setta pentecostale brasiliana , “Assembleia de Deus” (Assemblea di Dio)(5).
Questo Pastor Eurico è, anche, il coordinatore dei deputati evangelici, tra cui quelli legati al poderoso Vescovo, Emir Macedo, della congregazione pentecostale “Igreja Universal do Reino de Deus”(Chiesa Universale del Regno di Dio) che tra le altre cose è la proprietaria della televisione TV Record, vale a dire la seconda emittente TV in Brasile dopo la TV Globo! Ebbene il deputato Pastor Eurico ha offerto al governo Temer i voti di tutti i senatori evangelici se in cambio lui sarà eletto presidente della FUNAI, potendo installare in quest’organismo federale tutto il suo staff di “pastori”.
Per il lettore italiano la FUNAI potrebbe essere la succursale brasiliana della Funai Electric Co. Ltd., o quella della giapponese Funai Corporation! Niente di tutto ciò, perché si tratta della Fondazione Nazionali dei Popoli Indigeni del Brasile. Cioè un’organizzazione ufficiale del governo brasiliano responsabile della protezione dei popoli indigeni e della demarcazione delle loro terre, di cui le comunità indigene diventano proprietarie, incluso le immense ricchezze minerali della foresta amazzonica. In parole povere: petrolio, gas, diamanti, oro, stagno, nichel, niobio, cromo, tantalo e persino silvanita. Minerali che non possono essere estratti perché rovinerebbero l’ambiente e la cultura dell’isolamento delle comunità indigene. Però, queste comunità, dopo essersi modernizzate con la conversione praticata dai pastori delle sette evangeliche venuti dagli Stati Uniti, potranno richiedere all’ONU di diventare indipendenti, come alcuni anni addietro alcuni pastori tentarono di fare con il territorio dei Yanomani (6). Per alcuni settori dell’Esercito dietro questa ipotesi ci sarebbe lo zampino della CIA, con cui tutto può diventare possibile! E non è casuale che la Fondazione Rockefeller e la Fondazione Ford abbino speso milioni di dollari per finanziare spedizioni e progetti di esplorazione di ogni tipo nelle 175 aree indigene dell’Amazzonia brasiliana! (7)
Da parte sua, la sinistra del PT invoca la realizzazione di un plebiscito popolare per sapere, fin d’ora, se i brasiliani vogliono o no nuove elezioni presidenziali, poiché sa benissimo che il “colpo di stato legale” di Michel Temer è stato lo strumento politico e giuridico che i lobbisti delle multinazionali, le “antenne” della CIA in Brasile, le “eccellenze” del patronato brasiliano e la TV Globo hanno creato per interrompere il mandato presidenziale di Dilma Roussef.
Una proposta che è appoggiata dall’intraprendente Movimento dei Lavoratori dei Senza Tetto (MTST), più legato ai movimenti urbani e con una forte presenza nel Fronte “Un Popolo Senza Paura”. Per questo il MTST sta cercando di dinamizzare la pressione popolare, soprattutto quella delle favelas, in funzione di un possibile sciopero generale di massa, che obbligherebbe il governo interino di Michael Temer a gettare la spugna e fissare per novembre nuove elezioni presidenziali.
Secondo Miguel Soldatelli Rossetto – ex ministro per lo Sviluppo Agrario e poi del Lavoro nel governo Lula, Ministro del Gabinetto della Presidenza con Dilma e storico militante del PT, legato alla tendenza troskista “Democrazia Socialista, in questo momento il PT deve fare una scelta, poiché tutti i presupposti di un nuovo accordo con il PMDB sono saltati. Per questo – sottolinea Rossetto – la votazione nel Senato del 16 agosto è come un gioco di scatole cinesi, contro cui il PT e i movimenti sociali si devono mobilitare per imporre la realizzazione di un plebiscito, in cui il popolo decide se vuole mantenere questo governo o se opta per nuove e immediate elezioni presidenziali...”.
Una posizione condivisa anche da Emir Sader, l’intellettuale e giornalista che rimane ancora legato al PT, secondo cui “Questo governo non ha nessuna legittimità, lo sanno tutti. Lo stesso Temer lo ha riconosciuto recentemente nell’intervista condotta da Roberto Davila. Per questo non possiamo dargli tempo di costruirsi una nuova legittimità. Inoltre, non c’è molto tempo perché quello che stanno preparando in termini legislativi e istituzionali corrisponde alla distruzione immediata del cosiddetto Stato Sociale, composto con molta fatica in questi tredici anni di governo del PT. Se non ci sarà un cambiamento, subito dopo la votazione del 16 agosto, sarà una tragedia non solo per i lavoratori, ma anche per la classe media e la piccola borghesia che oggi si sentono realizzati!”
Un po’ differente è la posizione del “Fronte Brasile Popolare”, nel senso che appoggia e condivide le due posizioni. Quella del lulismo e quella della sinistra del PT, con cui ha mantenuto sempre uno stretto legame. Per questo, il Movimento dei Senza Terra (MST) – che è la principale forza politica di questo fronte, con la direzione dell’indomabile Joao Pedro Stedile sta coordinando le mobilizzazioni dei movimenti sociali che dovrebbero paralizzare il paese per manifestare in tutte le grandi città e soprattutto nella capitale, Brasilia poco prima la votazione del 16 agosto.
Infatti, se il “Fronte Brasile Popolare”, con la spinta del MST riuscirà a paralizzare la capitale Brasilia durante i due giorni che precedono la votazione nel senato e se, nello stesso tempo, il “Fronte Un Popolo Senza Paura”, guidato dal MTST, riuscirà a mobilitare il proletariato povero delle favelas con grandi manifestazioni davanti alle sedi del governo federale nelle grandi metropoli di Sao Paulo, Rio de Janeiro, Porto Alegre e Belo Horizonte, sarà possibile influenzare i sei senatori ancora indecisi e quindi, impedire che l’impeachment sia legittimato anche dal Senato.
E’ chiaro che queste manifestazioni non saranno permesse dal governo. C’è il rischio di violenti scontri con la polizia e i reparti dell’esercito. Una possibilità subito prevista dal Ministro della Difesa, “l’ex-berlingueriano tropicale” Raul Jungmann, che il 22 giugno dichiarava: “l’Esercito sarà mobilitato per intervenire e per garantire un normale funzionamento delle Olimpiadi, soprattutto nella fase finale, mettendo in campo le unità speciali dell’Esercito e quelli della FNSP (8), che insieme alle Polizie Militari saranno impegnati in differenziati piani anti-sommossa!”
In seguito Raul Jungmann, ha rivelato che: “in questi ultimi anni lo Stato Maggiore ha elaborato dei piani tattici per isolare, con l’aiuto del Servizio Nazionale di Informazione dell’ABIN (9), tutte le aree da dove possono iniziare possibili tumulti, separandole da quelle dove si realizzeranno i Giochi Olimpici e le attrazioni per i turisti”.
In pratica il Ministro della Difesa, Raul Jungmann, il Ministro della Giustizia, Alexandre de Moraes e quello della Sicurezza Istituzionale, Sérgio Etchegoyen, grazie alla generica giustificazione di impedire tumulti durante le Olimpiadi, in realtà, stanno mettendo a punto la militarizzazione delle città brasiliane, per impedire la realizzazione di manifestazioni popolari contro il governo del golpista Temer.
Aspettando il 16 agosto e le elezioni amministrative di ottobre
Mentre i golpisti si stanno preparando in tutti i sensi per garantire “una repressione circonstanziata ma capillare”, i gruppi del movimento popolare, i partiti della sinistra e le pastorali della Chiesa cattolica continuano divisi tra il “Fuori Temer”, il “Ritorna Dilma” e il più recente “Fuori tutti”, cioè l’espressione movimentista e minoritaria del partito trotskista PSTU (10) e della CST una tendenza trotskista all’interno del PSOL (11)
Infatti secondo il professore Roberto Masilla, sostenitore del “Fuori Temer”, “il colpo di stato legale, nei confronti del governo di Dilma Roussef è il nuovo elemento della strategia dell’imperialismo statunitense in America latina. Per questo la sconfitta di Temer è necessaria non solo per garantire la continuità del processo di ri-democratizzazione e delle conquiste socio-economiche ottenute a caro prezzo dopo venti anni di dittatura militare. Oggi, sconfiggere Temer è fondamentale per rafforzare quei contenuti di lotta anti-capitalista e anti-imperialista, in un momento in cui gli Stati Uniti, dopo la riconversione dell’Argentina al dogma del liberismo, vorrebbero riconvertire i paesi dell’ALBA e in particolare distruggere i quindici anni di democrazia partecipativa realizzati nel Venezuela”.
Da ricordare che il “Fora Temer” non è disposto a dimenticare gli errori del lulismo e soprattutto la gestione liberista di Dilma, soprattutto nel suo secondo governo.
Comunque la grande differenza con il “Ritorna Dilma” è che questo movimento è molto più legato all’emozione che all’analisi politica. Frutto, come sempre, dell’eccessivo opportunismo elettorale del PT lulista, che utilizza le forzate dimissioni di Dilma e il termine “colpo di Stato” solo per ricreare la storica immagine del PT (sempre più sbiadita) con quella di un PT trasformato in un partito progressista, ma fortemente interclassista. Un partito che accontenta i miserabili delle favelas con programmi di assistenza sociale, mentre è alla borghesia e agli impresari che il lulismo garantisce status sociale e molto guadagno con le privatizzazioni, la flessibilità, le rendite finanziarie etc.etc.
E’ evidente che il confronto tra il “Fuori Temer” e il “Ritorna Dilma” ripropone uno degli storici mali della sinistra brasiliana, vale a dire la dipendenza dall’agenda del sistema elettorale borghese, che ogni due anni obbliga i partiti e i movimenti sociali a mobilitare i propri candidati, per conquistare una poltroncina nelle istituzioni parlamentari. Per esempio nel mese di ottobre ci saranno le elezioni amministrative e la maggior parte dei candidati già sta facendo la propria campagna elettorale nei quartieri. Poi, tra due anni, nel 2018, nuovamente i partiti e i movimenti si dovranno mobilitare per affrontare le elezioni presidenziali, le federali e le legislative per il rinnovo dei parlamenti nei ventisei stati e nel distretto Federale di Brasilia. Cioè tutto gira intorno alle elezioni e alla possibilità di conquistare un maggiore spazio nelle istituzioni.
Uno scenario politico che non ha entusiasmato gli operai, il proletariato delle favelas urbane, come pure i miserabili delle nuove baraccopoli, costruite ai limiti dei nuovi perimetri urbani. Infatti, la stragrande maggioranza di questi settori sociali, ha seguito in televisione quello che stava succedendo a Brasilia con la presidentessa Dilma. Un contesto che mostra, chiaramente, i segnali avanzati di una debolezza ideologica che è cresciuta proprio durante i governi lulisti e che oggi preoccupa soprattutto i dirigenti della sinistra del PT, perché la militanza si è ridotta enormemente e lo storico partito classista del PT, in realtà è diventato un “PD dalemiano alla brasiliana”.
In contrapposizione, il presidente del PT lulista, Rui Falcao pensa soprattutto ai costi milionari della campagna elettorale del PT nelle prossime elezioni amministrative di ottobre, che saranno d’importanza strategica per il futuro politico del vecchio leader del PT, Inàcio Lula da Silva e quindi per le reali possibilità che Lula avrebbe di vincere le presidenziali del 2018 per la terza volta. Infatti, se il PT eleggerà la maggior parte dei sindaci del Brasile, significa che Lula vincerà le presidenziali con medie altissime, tra il 60 e il 70%. Però se il PT non raggiunge il 48% nelle amministrative, significa che Lula vincerà il primo turno, perdendo il secondo, possibilmente per mano dell’ex-petista Marina Silva o dell’eterno candidato del PSDB, Aécio Neves.
Un’elezione difficile e abbastanza complicata, soprattutto perché non è detto che il fascino del vecchio leader del PT riesca a cancellare nel popolo della sinistra e soprattutto nei lavoratori gli errori commessi da Lula e il programma di privatizzazioni voluto da Dilma nel suo ultimo governo. Infatti, i lavoratori, gli studenti e gli intellettuali, cioè il 70% dell’elettorato del PT, non sanno se l’obiettivo politico della candidatura di Lula nel 2018 sarà di governare il Brasile con un governo popolare e progressista o se, invece sarà il solito “Patto Democratico”, sottoscritto con gli impresari, le multinazionali, i gruppi oligarchici e la borghesia in cambio della cosiddetta governabilità!
NOTE:
1 – PT Lulista: Il Partito dei Lavoratori (PT), più che un partito è stata una federazione di gruppi politici che prima amabilmente, ma poi con estrema durezza si sono scontrati per conquistare il controllo del partito. Nel 1995, Lula, Dirceu, Genoino, Palocci e Olivio Dutra riuscirono a raggruppare tutti i gruppi non socialisti e non marxisti che gravitavano nel PT, per formare la grande tendenza politica e sindacale “Unità nella Lotta-Articolazione”. In questo modo il gruppo di Lula, cioè i lulisti, passò a controllare il 70% del partito, eleggendo l’85% dei parlamentari e dei sindaci del PT, oltre ad imporre decisione politiche, alcune delle quali contradditorie, come per esempio l’apertura ai candidati legati alle sette evangeliche.
2 – Pedalata Fiscale: E’ il termine con cui il testo dell’Impeachment accusa la presidentessa Dilma Roussef per aver falsificato il budget della federazione con il trasferimento “illegale” di fondi inizialmente destinati a progetti specifici e poi dirottati nelle casse del Tesoro. In questo modo, il primo governo di Dilma ha potuto presentare un apparente saldo positivo nei conti dell’amministrazione federale. Però l’opposizione se ne accorse, denunciando quello, che in realtà è un vizio dei governanti brasiliani, praticato negli ultimi venti anni in tutta l’amministrazione dello stato brasiliano, cioè dal governo federale, dai governi dei 26 stati e dai comuni.
3 – Il PDT – Partito Democratico del Lavoro, fondato nel 1979 in esilio da Leonel Brizola e Darcy Ribeiro. E’ associato all’Internazionale Socialista. Vorrebbe essere la copia brasiliana del britannico Labour Party. Purtroppo nel PDT la figura politica di Brizola ha impedito l’approfondimento ideologico, al punto che questo partito ha un’anima profondamente legata al socialismo riformista e un’altra a quella della socialdemocrazia. Dopo la morte di Brizola il PDT ha perso molte sue caratteristiche ideologiche.
4 – Il PSB – Partito Socialista Brasiliano, è lo storico partito guidato dall’ex governatore di Recife, Miguel Arraes, che durante la dittatura aveva creato un interessante centro di resistenza progressista in Algeri con l’appoggio del FLN algerino. Purtroppo con la morte d i Arraes, il partito fu preso di assalto da una serie d’individui che lo hanno trasformato in “Partito-Motel”. Cioè gente, che non ha niente a che vedere con il socialismo riformista, compra il diritto di essere candidato (a sue spese) del PSB, per poi fare quello che vogliono nel Parlamento.
5 – “Assembleia de Deus”. E’ una setta evangelica, diretta da José Wellington Bezerra da Costa, che ha numerosi deputati e senatori disseminati nei differenti i partiti. Nel PT di Rio de Janeiro, Benedita da Silva si converti per potersi eleggere con il voto dei fedeli evangelici dell’Assemblea de Deus. Lo stesso fece Marina Silva nel PT dello stato amazzonico di Acre, per poi abbandonare il PT e diventare la candidata degli evangelici e della destra, opposta a Dilma Roussef.
6 – Il territorio dei Yanomani somma, 9.664 ettari. Alla fine degli anni ottanta negli Stati Uniti fece l’apparizione un pseudo-movimento umanitario che proponeva di ritirare la riserva dei Yanomani dal Brasile, per farne un “territorio internazionale dell’umanità”. Da sottolineare che in questo immenso territorio amazzonico, localizzato tra i comuni di São Gabriel da Cachoeira e Santa Isabel do Rio Negro, ci sono consistenti depositi di oro, diamanti, tantalite, nichel e logicamente riserve incalcolabili di stagno.
7 – Territori indigeni – Il Decreto legge 97.837del 1989, stabilisce che l’insieme delle 175 aree indigene delimitate negli stati amazzonici del Brasile sommano 2.585.911 ettari. Nello stato di Amazonas, le 66 etnie indigene – che nel 2005 l’IBGE aveva calcolato con 120.000 persone -, secondo i dati della FUNAI occupano un’area di 49.453 chilometri quadrati.
8 – FNSP – La Forza Nazionale di Sicurezza Pubblica è un organismo militare e poliziesco che interagisce nelle situazioni di crisi con i cosiddetti Battaglioni di Pronta Risposta, che sono delle unità speciali addestrate alla contro-guerriglia urbana e agli scontri con manifestanti non armati con armi da fuoco.
9 – ABIN – Agenzia Brasiliana di Intelligenza. Ha sostituito il tenebroso servizio segreto “SNI” creato nei primi anni della dittatura militare.
10 – PSTU – Partito Socialista dei Lavoratori Unificato – Fu fondato a Sao Paulo, nel 1954, quando la direzione del PT decise l’espulsione dei dirigenti della tendenza troskista, “Convergenza Socialista”.
11 – CST –Corrente Socialista dei Lavoratori. E’ una tendenza troskista (morenista) del PSOL, il nuovo partito della sinistra che si formò nel 2004 quando la direzione del PT, in maggioranza lulista, decise di espellere i quattro parlamentari (Heloisa Helena, Luciana Genro, Babà e Joao Fontes) per non aver votato la legge del governo Lula che, in realtà, penalizzava i pensionati.
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